Brani scelti: Isabella in autostrada.
La mattina seguente erano alla frontiera con l’Ecuador, il poliziotto peruviano quando vide i documenti di Alberto, capì chi era, la notizia del suo rapimento era stata data più volte in televisione, ma il giovane gli disse, con tono serio, che era ferito e aveva urgenza di raggiungere un ospedale ed informare le autorità della sua liberazione. Il poliziotto non sapeva se bloccarli e consegnarli alle autorità peruviane o assecondare ciò che gli aveva chiesto la persona che in America Latina era diventata ormai l’eroe nazionale, alla fine fece la seconda cosa e lasciò passare la macchina.
Anche il doganiere ecuadoriano riconobbe Alberto ed anche a lui disse che aveva urgenza di raggiungere l’ospedale. Il poliziotto non ebbe dubbi, disse al suo collega di avvertire le autorità della liberazione di Alberto, saltò sulla moto e disse alla ragazza di seguirlo e a sirene spiegate fece da apristrada alla macchina di Isabella che, dopo un attimo di smarrimento, capì che quella era la migliore soluzione e seguì la moto del poliziotto a tutta velocità.
La notizia della liberazione dell’eroe nazionale fece più scalpore di un colpo di stato, in pochi minuti erano stati informati i vari ministeri e tutta la polizia. Da ogni casello entravano in autostrada altri poliziotti a sirene spiegate e tutti cercavano di raggiungere la macchia di Alberto e si mettevano di scorta al suo fianco o facevano da apristrada.
Erano ancora a metà del percorso tra la frontiera con il Perù e Quito, quando l’autostrada fu chiusa al traffico per dare la possibilità ad Isabella di guidare comodamente fino all’ospedale. Le moto della polizia erano tante, si misero a formare come una “V” davanti alla macchina di Alberto e dietro seguivano tutte le altre macchine e moto delle forze dell’ordine, come si fa con il corteo presidenziale. Sopra di loro erano arrivati anche degli elicotteri della polizia e dei rappresentanti del governo e si muovevano sopra le auto, formando un unico, immenso corteo.
Isabella era frastornata da quella situazione, ma era felice, Alberto invece era talmente stanco che si era addormentato, dopo aver dondolato la testa un paio di volte, l’aveva appoggiata sulla spalla di Isabella ed aveva chiuso gli occhi, nonostante tutto quel frastuono attorno a lui. Lei si sentiva orgogliosa più che mai, non si sarebbe mai aspettata una accoglienza simile, sapeva che il suo uomo era diventato famoso, ma non pensava che la gente gli volesse bene fino a tal punto.
Piangeva copiosamente, erano lacrime di gioia e di commozione, che le scendevano sul volto bagnandole anche il vestito, ma scaricavano l’ansia e la tensione che aveva accumulato nei giorni precedenti.
Lei si sentiva appagata da quelle manifestazioni di affetto e di rispetto per il gesto che aveva fatto e capiva che la gente voleva bene anche a lei. Adesso i sacrifici che aveva affrontato per liberarlo avevano reso pubblico il loro amore e il suo ruolo a fianco ad Alberto.
In quel momento le venne in mente l’immagine di due statuette che si vendono in Cina, sono due leoni seduti, il maschio tiene sotto la sua zampa il mondo, come simbolo della sua potenza e del suo dominio, la femmina tiene sotto la sua zampa un leoncino appena nato, simbolo della continuità del dominio, la qual cosa dà a ciascuna femmina, di uomo o di animale che sia, un potere che non sta dietro a quello dell’altro sesso.
In quel momento Isabella sentiva un forte bisogno di dare un figlio ad Alberto, ma doveva aspettare, aveva tutta la vita davanti a se. Adesso correva come in un sogno, in mezzo ad un centinaio di moto e auto della polizia a sirene spiegate, che correvano davanti a lei per guidarla verso il futuro della sua vita.
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