domenica 19 giugno 2016

I climi dell’antichità

È un brano del libro:  “Il Clima e l’Ambiente” di Alfio Giuffrida
Si trova on line: http://t.co/L1oZOWLK  costo = 2,99 euro
I libri di Alfio Giuffrida fanno parte del filone letterario  VERISMO INTERATTIVO, in cui il lettore può diventare “Protagonista” del saggio commentando le discussioni aperte nel FORUM di questo  sito, sui vari argomenti di attualità inseriti nel testo.
 
Ma la descrizione del clima non si limitava alla temperatura, i greci davano molta importanza anche alla quantità di precipitazioni ed alla loro distribuzione nei vari mesi dell’anno. Anche il vento era ritenuto importante, non solo per la navigazione che, a quel tempo, era alla base dei commerci, ma anche come caratteristica climatica di un luogo.
Partendo da questi principii, era stata fatta una primordiale classificazione climatica delle regioni allora conosciute. Procedendo da sud verso nord, erano state individuate sette regioni climatiche: 1.           Clima di Meroè (Zona del Sudan)
2.           Clima di Syène (Zona di Assuan)
3.           Clima di Alessandria (Zona del delta del Nilo)
4.           Clima di Rodi (Mediterraneo meridionale)
5.           Clima di Roma (Mediterraneo settentrionale)
6.           Clima del Ponto Eusino ( Zona del Mar Nero)
7.           Clima di Boristene (Zona del Dnieper)
 
 
Notiamo tuttavia che nonostante l’ingenuità con cui è stata fatta, questa classificazione è perfettamente valida anche adesso. Al giorno d’oggi, infatti, gli elementi essenziali della climatologia sono rimasti gli stessi: la temperatura, le precipitazioni e il grado di ventosità. Tuttavia i parametri che caratterizzano ciascuna località, sono stati fissati in modo più scientifico.

mercoledì 15 giugno 2016

Carta, penna e calamaio


È un brano tratto dal libro (ebook lo trovate, in formato Kindle a soli 3,56 euro su   http://t.co/L1oZOWLK  ) CHICCO E IL CANE, di Alfio Giuffrida
 

“Si narra che una notte, un grande scrittore, stanco per aver completato il più bel romanzo della sua vita, si fosse addormentato sull’ultimo foglio che aveva appena scritto, dimenticando la candela ancora accesa. In quella atmosfera da favola, con la poca luce che illuminava l’uomo dormiente e tutti i suoi oggetti più cari che gli stavano intorno, la penna, come per incanto, cominciò a muoversi e parlare.

Cercò di sfilare il foglio da sotto la testa dello scrittore, con la curiosità di leggere per prima la sua opera. «Fatti forte e cerca di non romperti», disse austera alla carta mentre la tirava da un lembo, «altrimenti l’opera che “io” ho scritto, potrebbe lacerarsi e andare perduta, nonostante tutto l’impegno e la fatica con cui “io” mi sono impegnata a scriverla!».

«Ma stai scherzando», rispose indignata la carta, «il romanzo è tutta opera mia ed infatti, come vedi, sono io a custodirlo. Tu ti sei solo consumata strisciando su di me e lasciando una traccia di sporco sul mio corpo, ma sono “io” la vera detentrice dell’opera. Senza di me essa non esisterebbe».

A quel punto intervenne il calamaio, che si scorgeva appena dietro i pochi capelli dell’anziano scrittore. «Smettetela di litigare per qualcosa che non appartiene a nessuno di voi due. Un romanzo, come qualsiasi scrittura non è altro che un modo molto intelligente di ondeggiare dell’inchiostro su una superficie liscia, per cui è chiaro che sono solamente “io” l’autore del racconto.

La penna e la carta non sono importanti, ciò che conta è l’inchiostro. Ma esso può essere spalmato anche su un muro o su una tavoletta di legno, può essere steso con un pennello o con un penna d’oca, eppure anche in quel modo può essere ugualmente interessante ed affascinante».

Il loro battibeccare coinvolse tutti gli oggetti che erano nella stanza, i quali cominciarono ad animarsi anche loro e a schierarsi a favore dell’uno o dell’altro dei contendenti, oppure a reclamare a loro volta la paternità dell’opera. Nel loro contendersi facevano parecchio brusio, che tuttavia non svegliava il vecchio, stanco non nelle mani, ma nella mente, la quale tuttavia era sveglia e sorrideva di quell’agitazione con un’aria di grande superiorità, ben conscia di essere lei e solo lei l’autrice di un’opera così affascinante.

A un tratto tuttavia si sentì un sorrisetto appena accennato, che non si capiva da dove venisse. Era come se qualcuno vegliasse su tutti loro ed in quel momento si stesse compiacendo non solo del romanzo che Lui e solo Lui aveva ideato, ma anche di quell’uomo, che Lui aveva creato a sua immagine e somiglianza, nonché di quella mente e di tutti gli altri oggetti che si trovavano sulla Terra.

Tutti si zittirono e cominciarono a raccogliersi in se stessi, pensando a loro volta chi aveva potuto creare la penna o la carta o l’inchiostro. Anche la mente ebbe i suoi dubbi: «Ma come faccio io ad esistere?», si chiese.

«Chi ha inventato l’uomo? È effettivamente il frutto di un padre e una madre, oppure è stato ideato e realizzato da un Essere superiore, del quale tutti noi non abbiamo neanche idea di come sia fatto o quanto sia grande? Forse i corpi dei due genitori hanno fatto solo da tramite per la realizzazione di qualcosa che nessun uomo, da solo,  sarebbe in grado di progettare o costruire?

Sicuramente per ottenere un essere animato serve molto di più della semplice carne, qualcosa che nessuno di noi riesce ad immaginare. Noi non sappiamo chi possa avere questa capacità e intelligenza superiore, sappiamo solo che esiste ed è immensamente più grande di noi.

Al suo confronto siamo talmente piccoli, o talmente ignoranti, che non riusciamo a vederlo, ma sappiamo solo che esiste ed oltre l’uomo, nel senso materiale, ha anche ideato una mente, che ha posto dentro di lui. Forse», pensò la mente a voce alta, mentre tutti gli oggetti ascoltavano in silenzio, facendosi piccoli piccoli, impauriti da quella evidente verità «è proprio Lui che ha scritto il romanzo e creato tutte le altre cose che si trovano nell’Universo, mentre noi abbiamo solo fatto da tramite alle sue realizzazioni?».

Così l’incantesimo finì, tutti stettero di nuovo zitti e la pace e il silenzio regnò di nuovo su quella scena.”

sabato 11 giugno 2016

Un cane può essere di aiuto ad un bambino autistico?

È un brano tratto dal libro (ebook lo trovate, in formato Kindle a soli 3,56 euro su   http://t.co/L1oZOWLK  ) CHICCO E IL CANE, di Alfio Giuffrida

«Ero preoccupata per le crisi asmatiche di Cristiano e sapevo che il cane con il suo pelo poteva accentuare la sua malattia, ma pensavo anche a un’altra situazione che ci affliggeva ormai da tempo: Chicco stava abbastanza bene in salute, non piangeva molto, tutte le manifestazioni fisiche del suo corpo erano regolari, ma non parlava e non dava segno di interessarsi a nulla.

Aveva quasi quattro anni, ma non aveva ancora detto la sua prima parola, neanche mamma o papà, non cercava di giocare con gli altri bambini, il suo unico svago erano i trillini che gli davamo, li teneva in mano con interesse, li faceva suonare per ore ed ore, poi li posava e non chiedeva altro.». Susanna fece una piccola pausa, pensando a quell’episodio che lei considerava ormai lontano nella propria mente, poi riprese, pensando al presente. 

«Questo suo modo di stare in silenzio e di non mostrare segni d’interesse verso le altre persone o cose che gli stanno intorno, hanno fatto supporre a mio marito che potesse essere affetto da qualche grave malattia. Ma su questo argomento mio padre, parlando per esperienza, ci aveva sempre rassicurato che non era nulla di grave, che dovevamo aspettare ancora un po’ di tempo e avrebbe iniziato a parlare e ad essere normale.

Ma noi, in effetti, non credevamo a ciò, eravamo seriamente preoccupati per quel suo ritardo e quel gesto che il bambino aveva fatto nel volere accarezzare il cane era stata una sorpresa gradita ed inaspettata, era la sua prima manifestazione spontanea di interesse verso un essere vivente.  Ciò mi riempì di gioia, ero felice ma allo stesso tempo spaventata e presa di paura. Non aveva mai accennato alcuna carezza né verso di me né verso il padre.

Quella mano tesa verso il cane aveva acceso in me una Speranza, ma ero impreparata a giudicare il significato di quel gesto insperato da parte del mio bambino. Sapevo di essere troppo sconvolta per dare il contributo che spettava a me, per affrontare il grave problema che affliggeva la mia famiglia. Approfittavo della cultura di mio marito e della forte personalità di mio padre per chiudermi in me stessa, evitando di pensare e lasciando a mio marito ogni responsabilità e decisione.

Vincenzo invece prese in mano la situazione e, benché anche lui fosse sorpreso e titubante, fece cenno al cane di mettersi sul fianco destro della macchina, accompagnando il movimento con una carezza sul collo e il cane ubbidì. Poi prese il bambino dalle mie braccia e lo sistemò sul seggiolino fissato al sedile posteriore, quindi fece cenno alla cagnetta di salire in macchina e sistemarsi in basso, vicino alle mie gambe. Lei non ce la fece a salire da sola, forse era troppo stanca oppure solo spaventata.

Vincenzo dovette prenderla in braccio, le fece due coccole che la rassicurarono molto e lei smise di tremare. La depose a fianco alle mie gambe e lei si accovacciò nel minor spazio possibile. Se non avessimo saputo che era lì, non ci saremmo nemmeno accorti della sua presenza.»

Nel frattempo che Susanna parlava in modo così accorato, i due bambini cercavano di scrutarsi e di vincere a vicenda le loro paure. Milly vedeva che Chicco aveva una gran voglia di accarezzare il cane ed era disposta ad accontentarlo, ma aveva paura ad avvicinarsi a lui a causa dello scatto di terrore che il bimbo aveva fatto poco prima.

Si era messa un po’ distante da lui tenendo stretta la sua cagnetta per il collo, in modo che l’altro non potesse più slacciare il guinzaglio dal collare. Tuttavia il resto del corpo del cane era libero di muoversi e il bambino, pur essendo tenuto saldamente dalla mamma, si allungava un po’ per arrivare al dorso del cane e fargli una piccola carezza.

Sentendosi toccata la cagnetta cercò lo sguardo di Milly, come per rassicurarsi che lei fosse d’accordo a quel gesto di affetto. La bambina interpretò quello sguardo come una manifestazione di paura, per cui accarezzò il suo cane nel volto e le sorrise, «Vedi che il bimbo non ti fa nulla di male», le disse con tono affettuoso, non avendo capito che la cagnetta conosceva già quel bambino e non aveva paura di essere toccata da lui, sapeva che molte volte, in passato, l’aveva accarezzata con affetto e altre volte, non si sa perché, ma le aveva fatto del male tirandole fortemente qualche ciuffo di peli.

Con quello sguardo Molly voleva solo il consenso della sua nuova padroncina per farsi toccare da quel bimbo un po’ strano. Ma la bambina era molto socievole e si rivolse a Chicco con un cenno si sorriso per fargli capire che lo aveva già perdonato di quel suo gesto iniziale, che aveva destato tanta rabbia sia a lei sia alla sua mamma.

Susanna era afflitta quando parlava della malattia del suo bambino, ma in quel momento lo guardava con la coda dell’occhio ed era felice, perché egli aveva nuovamente accarezzato il cane con interesse, sotto gli occhi attenti di Milly che era ormai serena e sembrava voler giocare con lui, invitandolo più volte a chiamare in cane per nome. Anche Chicco era sereno, passava dolcemente la sua manina sul dorso della cagnetta guardando fissa la sua nuova amichetta, come per chiedere il permesso di poter continuare il suo gioco.

Sembravano sereni entrambi e questo aveva permesso a Susanna di parlare a lungo e raccontare la storia che aveva portato quella cagnetta nella loro famiglia, esprimendo anche le sensazioni che avevano avuto e le loro preoccupazioni per la salute del bambino. Cosa che sicuramente non avrebbe fatto se la sua mente non fosse stata addolcita nel vedere la mano del suo bimbo impegnata in una forma di gioco, qualunque esso fosse.

Tiziana invece osservava il comportamento di Chicco con timore. Era evidente che quel cane rappresentasse un aiuto per inserirlo a socializzare con gli altri bambini. Cosa avrebbe dovuto rispondere se le avessero chiesto di restituirglielo?

domenica 5 giugno 2016

La fiducia degli animali


È un brano del libro: “Chicco e il Cane” di Alfio Giuffrida

Si trova on line   http://t.co/L1oZOWLK
 

 


Si avvicinò a Tiziana e le disse di togliersi gli occhiali da sole: «Per capire se hai intenzioni buone o cattive il cane ti deve guardare negli occhi, solo così può capire il tuo stato d’animo». Lui per primo si tolse i Ray Ban che indossava, il cane lo fissò e capì dal suo sguardo che non aveva intenzioni ostili, così si calmò un po’ ed abbassò la testa, dando segno di non aver paura. Anche Tiziana si tolse gli occhiali e vide che il cane concesse anche a lei la possibilità di avvicinarsi. La ragazza accostò pian piano una mano al dorso del cane, che si fece accarezzare dolcemente. Aveva proprio bisogno di quel gesto di conforto dopo tanto dolore!

La donna si accovacciò sulle ginocchia per portare i suoi occhi all’altezza di quelli del cane e continuò ad accarezzarla sulla testa, guardandola fissa negli occhi, che erano umidi e tristi, finchè una grossa lacrima si formò nella parte inferiore degli occhi del cane e cadde giù. Alex non sapeva cosa dire, ciò che stava osservando lo stupiva e allo stesso tempo lo commuoveva profondamente: lui sapeva che i cani non piangevano, eppure in quel momento avrebbe potuto proprio giurare che quella cagnetta stesse piangendo. Certo il suo volto faceva trasparire una tristezza infinita. Anche Tiziana si commosse, alzò le sue braccia e le strinse attorno al collo della cagnetta in un abbraccio affettuoso. E la cagnetta fece altrettanto, posando con grande affetto le sue zampette sulle spalle della ragazza.