Si parla sempre più spesso di “aridocoltura”, ovvero l'insieme degli accorgimenti volti a consentire la coltivazione delle piantagioni commerciali in ambiente arido, cioè in assenza di irrigazione ed in presenza di precipitazioni minime.
I fattori fondamentali sono due: il primo è quello meteorologico che riguarda le quantità medie mensili di precipitazioni e la loro distribuzione durante i vari periodi dell’anno. L’altro è quello fisico del terreno, cioè la sua capacità di trattenere l’acqua ed i sali minerali di cui dovranno nutrirsi le piante.
Per quanto riguarda il fattore meteorologico occorre distinguere due casi: se le precipitazioni sono distribuite uniformemente su tutto l’anno, si deve pensare a delle coltivazioni stabili, che richiedano tuttavia una quantità minima di acqua. Se invece le precipitazioni sono concentrate in una sola stagione, le coltivazioni possibili sono solamente quelle che hanno un ciclo stagionale, lasciando inutilizzato il terreno nel restante periodo dell’anno.
È importante inoltre tenere conto della temperatura durante la fase di crescita delle piante, poiché essa è un fattore determinante per il periodo della maturazione.
Anche il vento ha la sua importanza, in quanto accelera l’evaporazione dell’acqua presente nei terreni porosi e, in presenza di sabbia costringe gli agricoltori a costruire degli sbarramenti per evitare che le coltivazioni siano ricoperte di sabbia.
Riguardo la consistenza del terreno, l'aridocoltura offre i migliori risultati sui terreni argillosi, in grado d'invasare e conservare grandi quantitativi d'acqua. Al contrario, i terreni sciolti sono poco adatti all'aridocoltura, in quanto l'elevata porosità di un terreno sabbioso permette di invasare cospicui quantitativi d'acqua, che tuttavia si perdono in poche ore a causa della percolazione profonda. Sono stati sperimentati numerosi interventi tecnici volti ad incrementare la conservazione dell’acqua nel terreno e contenere l'intensità di evapotraspirazione.
Alla fine degli anni ’70 è stato coniato il termine “permacoltura”, una contrazione di “agricoltura permanente”, per indicare un insieme di ricerche volte a permettere la coltivazione del terreno in qualsiasi condizione climatica.
Uno dei progetti nati in tale ambito ha creato una sabbia impermeabile idrofoba che si può stendere direttamente sotto forma di fogli al di sotto della sabbia del deserto. Essa permette la crescita delle piante anche nei climi più aridi. Nelle regioni meridionali dell’Israele, dove le quantità di pioggia sono molto basse e la temperatura media ad agosto è di 50°C, un esperimento di “permacultura” ha già dimostrato che si può far crescere alberi da frutto nel deserto .
Il Sahara Forest Project è un altro progetto innovativo che combina in sè, la forza delle moderne tecnologie ambientali e l'utilizzo di serre ad acqua marina. L'obiettivo è quello di trovare una soluzione ecosostenibile per affrontare l'attuale allarmante situazione economica dei Paesi in via di sviluppo.
In Libia è già operativo il “Great Man- Made River Project”: un fiume artificiale consistente in una rete di tubi sotterranei, che portano in superficie enormi quantità di acqua fresca sotterranea, aumentando notevolmente le superfici arabili del paese.
Una fantasiosa sintesi dei due progetti accennati sopra è descritta nel libro “Deserto Verde”, di Alfio Giuffrida, nel quale si ipotizza di creare un’oasi nel deserto creando delle “vasche” con teli impermeabili che poi vengono riempite con un misto di sabbia locale e terra trasportata dall’Italia. L’irrigazione verrebbe invece assicurata con l’allagamento di parte dello Chott el Jerid (il lago sotto il vello del mare che si trova nella parte meridionale della Tunisia, asciutto nella maggior parte dell’anno) e dei dissalatori di acqua di mare.
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