martedì 24 maggio 2011

I Fulmini

Tra gli eventi meteorologici che avvengono frequentemente, i fulmini sono quelli che destano maggiormente stupore e meraviglia ma, al tempo stesso incutono paura per il fragore e la rapidità con cui avvengono e incutono rispetto verso la natura, verso la quale ci fanno sentire piccoli e indifesi.
I fulmini più facilmente osservabili sono quelli fra una nuvola e il suolo, soprattutto di notte, quando l’oscurità del cielo viene abbagliata da una luce viva, più forte e splendente di quella che potremmo riuscire a produrre noi esseri umani con migliaia di riflettori. Sono comuni anche le scariche che avvengono fra due nuvole o all'interno di una stessa nuvola, tuttavia sono meno frequenti e, soprattutto, meno spettacolari, delle prime.
I fulmini si formano a causa della violenta scarica con cui le cariche negative, presenti nelle nuvole, vanno a neutralizzare le particelle positive che si trovano nel suolo. Tuttavia l'origine del fenomeno non è ancora del tutto chiara.
Sappiamo che essi si formano quasi esclusivamente in presenza di un particolare tipo di nube: il cumulonembo, all’interno del quale si formano forti correnti ascendenti e discendenti, nonchè numerose particelle di ghiaccio (quelle che quando cadono al suolo sono dette grandine).
Questi chicchi di ghiaccio, muovendosi velocemente all’interno della nube, spesso si scontrano e si spezzano, rendendo libero, per qualche istante, qualcuno degli elettroni periferici di cui sono composte le particelle di ghiaccio. Gli atomi di acqua (sotto forma di ghiaccio perché nelle nubi le temperature sono sempre sotto zero) diventano così “ionizzati”, cioè composti da una parte positiva che viene attratta dalla Terra, dove risiede pressappoco tutto il peso dell’atomo e da un elettrone, leggerissimo, che rimane vagante all’interno della nube.
Gli ioni positivi e gli elettroni negativi si attraggono fortemente, ma sono separati da uno strato di aria (che è isolante), per cui si accumulano rispettivamente sulla terra e nella nube, aumentando la loro forza attrattiva, ma restando separati. Quando le cariche diventano troppo numerose, gli elettroni cominciano a formare dei piccoli camminamenti verso la terra fin quasi a raggiungerla, analogamente gli ioni positivi si accumulano nei punti più alti (alberi o edifici), perché attratti dalle cariche negative.
Ad un tratto avviene il contatto, i primi ioni positivi ed elettroni si neutralizzano, rilasciando una certa quantità di energia che si trasforma subito in calore e rende conduttrice tutta la striscia carica di elettroni tra il suolo e la nube. In questo modo l’aria (che faceva da isolante) viene perforata e tutti gli ioni positivi presenti sulla terra e gli elettroni nella nube possono muoversi liberamente gli uni verso gli altri e neutralizzarsi a vicenda, emettendo una grandissima quantità di calore sia per attrito (in quanto si muovono a velocità altissime) sia per la reazione fisica di neutralizzazione degli atomi (che in genere avviene con rilascio di calore).
In questo modo la sottile striscia di aria, molto ramificata, in cui si muovono e si neutralizzano gli atomi, si trasforma in “plasma”, ovvero raggiunge temperature dell’ordine di milioni di gradi. Questo stato di plasma non è stabile e dura solo qualche millesimo di secondo, tuttavia in questo tempo estremamente breve, le particelle emettono una luce fortissima che è quella che noi vediamo e chiamiamo “lampo”. Sappiamo inoltre che l’aria, per un principio fisico, quando viene riscaldata, si espande. Ne segue che, durante la scarica, la striscia d’aria si gonfia enormemente, generando un’onda d’uro negli strati d’aria vicini. Subito dopo (in meno di un millesimo di secondo) la situazione si normalizza, per cui l’aria non è più ionizzata e la temperatura scende ai valori che aveva prima del passaggio della scarica elettrica, per cui avviene una seconda onda d’urto dovuta al fatto che la striscia d’aria si “sgonfia”. Questa doppia onda d’urto è simile ad un battito su un tamburo, cioè emette un suono molto forte e frastagliato: è quello che noi chiamiamo “tuono”.


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