Alfio GIUFFRIDA - Deserto Verde – Editore Aracne – È il nuovo, entusiasmante romanzo del Generale Alfio Giuffrida. Si trova sul sito: http://store.aracneeditrice.com/it/index.php
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«Nel 1971 mi trovavo in Cina, vivevo a Pechino in uno degli “hutong” nel quartiere di Gulou. Lavoravo dipingendo dei vasi di terracotta che poi cuocevo mettendoli in grandi forni.
Non avevo mezzi di locomozione, così un giorno non resistetti alla tentazione di rubare una bicicletta. Vi saltai sopra e pedalai a perdifiato verso piazza Tien Ammen, ma nella foga della corsa investii una donna che attraversava la strada.
Per fortuna non si fece nulla, la aiutai a rialzarsi e cominciai a parlare con lei. Parlava correttamente il polacco, per cui riuscimmo a capirci molto bene.
Mi disse di essere italiana e che in quel momento vagava senza una meta e, come me, aveva un grande bisogno di confidarsi con qualcuno. Aggiunse di essere venuta in Cina al seguito di una missione umanitaria, alla quale aveva aderito per poter fuggire dall’Italia, dopo una violenta lite con il marito.
Ma dopo pochi giorni, si era resa conto che quella vita ai margini della società non faceva per lei, tuttavia non voleva più tornare in Italia, desiderava solo essere libera di poter vivere a Pechino in maniera decorosa, trovandosi un lavoro.
Quella donna aveva molte cose in comune con te, anche se l’uomo che aveva scelto non era quello giusto. Aveva assoluto bisogno di trovare qualcuno che l’ascoltasse e, visto che anch’io ero solo ed avevo bisogno di compagnia, fu felice di raccontarmi la sua storia, aveva voglia di vivere, ma la sua mente era frastornata.
La portai nel parco del “Tempio del Cielo”, un posto che a lei sembrò come il paradiso e passeggiammo nei viali, felici e spensierati, poi trovammo un grande albero con il tronco cavo.
Vi mettemmo dentro un bigliettino con i nostri nomi, io scrissi Alexander, lei Teresa, ma si capiva che erano dei nomi inventati, in quel periodo c’erano molte persone in Cina che avevano bisogno di vivere in incognito.
Dicemmo che quello sarebbe stato il nostro posto segreto, dove avremmo potuto mettere i sogni per una nuova vita. Mi chiese se potevo procurarle un lavoro, anche umile, per vivere a Pechino autonomamente e rifarsi una vita.
La portai con me e la presentai al padrone della fabbrica dove lavoravo, lei disse di saper disegnare e il padrone le diede subito un piccolo vaso da dipingere. Effettivamente aveva delle grandi capacità artistiche, in pochi minuti eseguì un disegno bellissimo, per cui il padrone l’assunse, permettendole di lavorare con me.
Quella notte la portai nel mio piccolo alloggio. Ci amammo con dolcezza e con fervore, nonostante tra me e lei ci fossero oltre venti anni di differenza di età. Furono dei momenti dolcissimi, un vero balsamo sulle ferite causate dalla solitudine psicologica, che tutti e due avevamo sofferto per tanto tempo.
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