lunedì 21 settembre 2015

I Medicane


È un brano del libro (ebook) “Il Clima e l’Ambiente”, di Alfio Giuffrida, disponibile su Amazon ( http://t.co/L1oZOWLK ). Fa parte del Verismo Interattivo, il nuovo genere letterario introdotto dall’autore, che consiste nell’inserire, all’interno del testo, degli argomenti culturali e di attualità che il lettore può approfondire partecipando al Forum sul sito http://www.alfiogiuffrida.com/Forum.aspx . In questo libro gli argomenti trattati sono: Il Diluvio Universale (è realmente accaduto oppure è stata una punizione divina?). I Medicane (uragani nel Mediterraneo, sono possibili?). Il Telelavoro (è possibile lavorare da casa?). Il clima di città (la presenza dell’uomo modifica il clima di una regione?), .. e molti altri.




I “Medicane” (acronimo di Mediterranian Hurricane) o “TLC” (Tropical Like Ciclones), sono fenomeni che si sviluppano sul Mediterraneo e che presentano delle similarità con i cicloni tropicali.

L’origine dei Medicane è differente da quella dei cicloni tropicali dove l’energia termica nei bassi strati, necessaria per attivare il processo convettivo, è fornita dalla elevata temperatura superficiale del mare (SST), superiore ai 26 °C. Essi infatti sono generati da una estremizzazione di una forte perturbazione che normalmente, si abbatte sulle nostre regioni. Nell'ambiente scientifico si iniziò a parlare di essi verso la metà del XX° secolo, con il nome di "bombe meteorologiche", nome coniato dal meteorologo svedese Tor Bergeron, che le ha definite: "Un approfondimento molto rapido di un ciclone extratropicale, nel quale la caduta di pressione in superficie corrisponde a 1 hPa (hPa= hectoPascal, unità di misura della pressione atmosferica) ogni ora o più per un periodo di almeno 24 ore".

Durante questi eventi, il vento ha raggiunto i 135 km/h ed è stato associato ad abbondanti piogge a carattere temporalesco. Il diametro massimo dei cicloni mediterranei è attorno ai 200 km e la durata temporale è molto variabile ma in genere è limitata a 1 o 2 giorni.

Il periodo dell'anno in cui si possono verificare è quello in cui la temperatura superficiale del mar Mediterraneo è più alta (intorno ai 26°C), condizione che si verifica normalmente tra agosto e settembre sullo Ionio, sul basso Tirreno, sul canale di Sicilia e sul mar Libico.


Il primo Ciclone Mediterraneo risale al 24 settembre 1969, quando sul mar Libico si formò una forte tempesta che fece sentire i suoi effetti sull'isola di Lampedusa e su parte della Libia ma che ben presto si esaurì senza provocare alcun danno. Altri “Cicloni” si sono formati nel 1976, nel 1982, nel1991 e nel 2001, ma sempre senza danni di rilievo. Dal 15 al 18 settembre 2003, la Sicilia fu colpita da un TLC a cui si diede anche un nome: Karima. In quella occasione l’isola rimase soggetta a forti temporali per oltre due giorni. A Siracusa caddero, in 48 ore, 514 mm di pioggia.

Il 7 novembre del 2014, si è formato sullo stretto di Sicilia un profondo vortice depressionario, identificabile come Medicane (da  http://www.meteoam.it/?q=Medicane_novembre2014  ).

Durante il suo passaggio sulla stazione meteorologica di Lampedusa, molte imbarcazioni sono state capovolte e il vento ha registrato raffiche fino a 73 kt (135 Km/h). La tempesta ha, inoltre, generato mareggiate con onde alte fino a 7 metri che hanno ostacolato i collegamenti con le isole e messo in seria difficoltà i residenti dei porti e delle località di mare. Il fenomeno è stato individuato, con diversi giorni di anticipo, dai modelli di previsione numerica di cui dispone il CNMCA (Centro Nazionale di Meteorologia e Climatologia Aeronautica). La sua evoluzione è stata dettagliatamente monitorata durante tutto il periodo di criticità e sono stati emessi dal Centro numerosi “avvisi” per informare la popolazione e scongiurare gli episodi di maggior pericolo. 

giovedì 20 agosto 2015

Ricordi di un paesello tra Catania e l'Etna


È un brano del libro: “Chicco e il Cane” di Alfio Giuffrida

Si trova on  line  http://t.co/L1oZOWLK


Nel suo letto, zuppo di sudore, il giudice pensò a quei pomeriggi in cui doveva sbrigarsi a fare i compiti che gli aveva assegnato la maestra, per poi correre fuori a giocare con gli altri bambini della sua età. Cercò di ricordare i nomi di alcuni di loro: c’era Turi, che da grande era diventato giornalista e scrittore, Nino che poi fece il pasticciere e Filippo già destinato a fare il farmacista, perché quello era il lavoro di suo padre; e tanti altri. Quanti ricordi, dolci e confusi, passarono per qualche istante nella sua mente stanca!

Nel paese si conoscevano tutti e i bambini andavano sempre a giocare nel piazzale davanti alla Chiesa Madre e poi, non appena cominciava a farsi tardi, si riunivano tutti nella sede della “Democrazia Cristiana”: un grande salone dove nei periodi subito antecedenti le elezioni, i politici locali tenevano dei comizi al chiuso, mentre nei rimanenti periodi dell’anno era gestito dai notabili di quel partito.

In pratica quella sala era sempre a disposizione di quegli anziani, ritenuti politicamente fedelissimi, che stavano lì a giocare a carte e guardare la televisione. C’era uno di quei primi televisori che si videro in Italia a metà degli anni ’50, acquistato presso l’unico rivenditore che nella vicina città era riuscito ad accaparrarseli, il quale diceva con grande orgoglio, che lui li importava direttamente dall’America.

Era uno di quegli apparecchi grandi, pesanti, profondi e con lo schermo piccolo, al quale, come era di abitudine a quel tempo, si usava far costruire dal falegname del paese un mobile ad hoc per contenerlo. Quello situato nella sede della Democrazia Cristiana era di legno scuro, con le ante, che la sera, quando finivano i programmi ed appariva una antenna televisiva che scendeva e scompariva nella parte bassa dello schermo, si potevano chiudere per proteggere quel prezioso strumento tecnologico e custodirlo, oltre che dalla polvere e dagli urti accidentali, anche dagli sguardi dei curiosi del partito opposto, che sicuramente lo desideravano ma non erano ancora riusciti a raggiungere l’accordo, o la somma, per poterlo acquistare e finalmente vedere anche loro le notizie, i film e gli spettacoli che diventavano sempre più interessanti.




martedì 18 agosto 2015

In viaggio a Stoccolma

La capitale del nord è li, distesa tra decine di isole.

Il nucleo più antico è a Gamla Stan, dove adesso sorge il Palazzo Reale e li c’è l’albergo dove abbiamo alloggiato, il First Reisen, davvero confortevole (vedi recensione su Tripadvisor a nome AlfioG). Sul forum del mio sito http://www.alfiogiuffrida.com/ è aperta una discussione su “VARIE - Libri, ricette e ristoranti. Non saranno culturali, ma destano un sicuro interesse!”, si riferisce soprattutto ai libri di cucina, ma vi pregherei di inserire qualche commento anche sui migliori (o peggiori) ristoranti in cui vi siete trovati.



Gamla è tutta un’isola pedonale, con le strade ciotolate e piene di negozi di artigianato, il suo cuore di è Stortorget, la piazza dove c’è l’Accademia di Svezia. I ristoranti sono molti e si mangia bene, provate il Michelangelo, dove sono stati ospiti molte personalità di tutto il mondo, tra cui alcuni italiani.



A Gamla c’è il negozio di Lena Linderholm, dove si possono acquistare le tovaglie artigianali che l’artista dipinge nel suo girovagare tra Svezia e Provenza, assieme al marito musicista Gosta Linderholm.


Sulla terraferma c’è il quartiere dello shopping, dove si accede dalla strada durante l’estate, mentre in inverno, quando fa freddo, è meglio percorrere i sottopassaggi, che costituiscono un vero e proprio livello coperto, dove si aprono gli ingressi dei negozi, permettendo di stare comodamente al caldo mentre fuori ci sono 15 gradi sotto zero.

Sul lungomare di Strandvagen si affacciano gli edifici più eleganti e i negozi delle griffe e, tra le vetrine di Armani e Dior, ecco Saluhall, il mercato coperto. Ma non aspettatevi i pavimenti scivolosi davanti agli espositori di pesce o i cesti stracolmi di verdure! È pulitissimo e il pesce, se volete, ve lo cucinano e potete mangiarlo seduti come ad un comodo ristorante; il salmone marinato che ho mangiato da Lisa Elmovist è il migliore che ho assaggiato nella mia lunga carriera di “buongustaio” (vedi il discreto numero di recensioni su Tripadvisor).


A Stoccolma si gira bene con gli autobus turistici, sono comodi e puliti (anche i vetri, che non disturbano la foto al teatro dell’opera), o con il battello, che fa il giro delle isole (non preoccupatevi, il comandante non è Schettino).


Per fare un pò di cultura, c’è il Museo Vasa, dove è stato sistemato l’unico vascello al mondo, affondato il 10 agosto 1628, a poche centinaia di metri da dove era stato appena varato, che sia giunto ai giorni nostri, con oltre il 95 percento dei suoi componenti originali conservati, e le sue centinaia di sculture.

 
Li vicino c’è il museo degli ABBA, il complesso musicale che negli anni ’70 ha fatto concorrenza ai Beatles e ai Rolling Stones.


 
Non siate scettici, entrate, è bellissimo! In un attimo vi ritrovate in mezzo a loro, in quell’ambiente folle che ha fatto definire “mitici” quegli anni. C’è l’enorme consolle dove venivano elaborati i loro brani, il loro studio, le sale di incisione dove potete esibirvi anche voi a cantare una loro canzone come con il karaoke o ballare tra le loro immagini virtuali tridimensionali.


 
Insomma un paio di giorni a Stoccolma sono proprio ben spesi.

domenica 31 maggio 2015

Il fenomeno del Niño - LA COMPONENTE METEOROLOGICA


Il fenomeno del Niño: Come si forma? Quali sono i suoi effetti? Che influenza ha sul pianeta?
Un libro di Alfio Giuffrida - Amazon Edition - Revisione e pubblicazione a cura di Renato Bruno
www.matitarossa.com - Impaginazione e copertina di Roberta Tavarilli
 
 


LA COMPONENTE METEOROLOGICA

 

In condizioni normali, dunque, la circolazione generale dell’atmosfera alle basse latitudini, è caratterizzata dal moto costante degli alisei. Questi venti, conosciuti già dagli antichi navigatori che si erano avventurati nell’Oceano Atlantico, oltre le “Colonne di Ercole”, avvolgono costantemente tutta la fascia equatoriale del pianeta e, di norma, soffiano da Nord-Est nell'emisfero boreale, quello compreso tra l’equatore e il polo nord, e da Sud-Est nell'emisfero australe, compreso tra l’equatore e il polo sud.

Gli alisei, quindi, si ritrovano allineati in quella che viene detta “fascia di convergenza intertropicale”, l’area che abbraccia tutta la terra attorno all’equatore. Per chiarire meglio gli effetti degli alisei su questa fascia, basti pensare a una persona che soffia sull’acqua contenuta in una bacinella. Soffiando sempre nella stessa direzione si ottiene un doppio effetto: un increspamento della superficie e un piccolo ma significativo accumulo di liquido sulla parete opposta.

Nell’Oceano Pacifico, sottoposto all’azione degli alisei per una lunghezza di circa 18.000 km, essi si comportano allo stesso modo: spingono le acque tiepide superficiali verso il continente asiatico che, per un osservatore che si trovi al centro dell’Oceano Pacifico, si trova nella parte occidentale di quell’immenso tratto di mare e generano un innalzamento del livello del mare lungo le coste indonesiane.

Una rappresentazione grafica dell’andamento degli alisei è illustrata nella Figura 2, dove, con delle frecce di differente lunghezza, sono riportate le velocità medie del vento a 10 metri dalla superficie del mare. La figura, è stata elaborata dal National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), utilizzando i dati dei venti al suolo osservati dal 1981 al 1994.
 
 
 
In pratica, lo scorrere dei venti nella zona equatoriale, sempre nella stessa direzione –da est verso ovest- e per lunghi tratti di mare, come nell’Oceano Pacifico, fa sì che sulla superficie marina si formi una corrente parallela alla direzione dei venti che le scorrono sopra. Ciò provoca un innalzamento del livello della superficie del mare proprio in corrispondenza delle coste asiatiche dell’Oceano: un incremento, rispetto alla media, di circa mezzo metro.
Nella figura 3 è riportata una sezione verticale del tratto dell’Oceano Pacifico che va dalle coste dell’Indonesia a quelle dell’Ecuador.
Naturalmente, la figura presenta solo uno schema riduttivo-esplicativo: le misure non possono essere in proporzione tra loro, perché ad una lunghezza di circa 18 mila chilometri, corrisponde un dislivello effettivo di circa 50 centimetri. In essa sono messi in evidenza i venti alisei e l’innalzamento della superficie del mare in prossimità delle coste indonesiane (con la conseguente pendenza verso la costa sudamericana).
Inoltre, poiché le acque di superficie sono più calde di quelle di profondità, è logico aspettarsi che la temperatura del mare, davanti all’Indonesia, sia leggermente più alta rispetto a quella delle coste dell’Ecuador. Il modello di circolazione dell’atmosfera descritto da Walker, ne dà una interpretazione quantitativa.
 

 

Il fenomeno del Niño


Il fenomeno del Niño: Come si forma? Quali sono i suoi effetti? Che influenza ha sul pianeta?
Un libro di Alfio Giuffrida - Amazon Edition - Revisione e pubblicazione a cura di Renato Bruno
www.matitarossa.com - Impaginazione e copertina di Roberta Tavarilli


El Niño -“il bambino” in lingua spagnola- è un fenomeno ciclico del sistema oceano-atmosfera che, a partire dalle acque antistanti le coste dell’Ecuador, si sviluppa tra l’Oceano Pacifico del Sud e quello Indiano.

Già in epoche più antiche, i pescatori peruviani avevano notato come in anni particolari il mare risultasse meno pescoso, soprattutto nel mese di dicembre. Per questo, a Jesús el Niño, a Gesù Bambino, invocato maggiormente proprio in prossimità del Natale, venne subito rivolta la preghiera di risparmiare ai pescatori la disgrazia della penuria. Agli stessi pescatori, inoltre, si deve l’osservazione di quanto, in tutti questi episodi di bassa pescosità, la temperatura del mare fosse notevolmente più calda del solito.

Accanto a “el Niño”, però, gli abitanti delle coste peruviane e limitrofe, avevano riscontrato anche un fenomeno marino opposto, meno intenso ma con la stessa ricorrenza, chiamato per analogia la “Niña”, la Bambina, caratterizzato da una pescosità superiore alla media stagionale.

Ancora fino agli inizi del Novecento, tuttavia, del fenomeno invernale si considerava solamente la drastica diminuzione del pesce raccolto, imputandola alle sole correnti marine e se ne discuteva solo, o quasi esclusivamente, per le sue gravi ripercussioni nella sfera economico-sociale delle nazioni interessate. Agli osservatori del secolo passato non venne mai in mente di postulare che la sua origine risiedesse nell’atmosfera.

Solo grazie alle intuizioni e agli studi di insigni meteorologi a noi più vicini, è stata scoperta l’origine della sua formazione e si è, così, potuto mettere in risalto come, dal punto di vista scientifico, il mare non sia affatto l’unica superficie terrestre ad esserne interessata, perché si tratta di un fenomeno globale, oceanico e atmosferico, in grado di travalicare zona di origine e ogni altro confine ambientale.

Più precisamente, si definisce come “el Niño” la parte del fenomeno che riguarda l'oceano: una variazione periodica della temperatura dell'Oceano Pacifico meridionale, principalmente a ridosso delle coste sud americane.

La parte del fenomeno riguardante l'atmosfera, invece, è nota come Oscillazione Meridionale (OM), termine che viene usato per definire le variazioni della pressione atmosferica, così come vengono registrate dalle medie mensili o stagionali, riscontrate dalle stazioni collocate sulle coste opposte del Pacifico meridionale.

 

Le città della Terra sono in espansione


È un brano del libro: “Chicco e il Cane” di Alfio Giuffrida
Si trova in libreria oppure on line. Ecco i link:

 

«Le città della Terra sono in espansione,» disse, scandendo le parole ed usando un tono serio e professionale, «esse trasformano le superfici piane in aree ricche di pareti verticali, aumentando a dismisura i punti di assorbimento dei raggi solari.

Molte persone, poco esperte sulla meteorologia e ignare delle proporzioni tra la quantità di energia che la Terra riceve dal Sole in modo naturale e quella che noi uomini produciamo artificialmente tramite i termosifoni o gli scarichi delle nostre autovetture, pensano che la causa principale del riscaldamento globale che sta avvenendo nell’ultimo secolo, di cui si parla tanto, sia dovuta proprio ai riscaldamenti domestici o al traffico stradale, ma non è così. In effetti l’energia che il nostro pianeta riceve dal sole è migliaia di volte più grande di quella che produciamo artificialmente, per cui il riscaldamento delle aree urbane è dovuto quasi esclusivamente al differente modo con cui i raggi solari vengono assorbiti su un terreno di campagna o su un agglomerato urbano. Vi è poi un fattore diverso che contribuisce al riscaldamento dello strato di atmosfera più vicino al suolo, ed è dovuto all’effetto serra prodotto da alcuni gas presenti nell’atmosfera, ma in questo momento non ci stiamo interessando di questo secondo argomento.»  

Con poche ma precise parole egli capovolse le idee sbagliate che molti dei presenti avevano sulle cause dell’aumento della temperatura nel primo strato di atmosfera che avvolge la Terra. Quindi spiegò quelle sue prime affermazioni, che aveva detto come antefatto, giusto per far capire ciò di cui voleva parlare, in modo più scientifico e particolareggiato.

«Il calore generato dagli scarichi delle automobili ed in generale dalle attività industriali e dai mezzi di trasporto, o quello prodotto dai termosifoni, hanno una influenza del tutto marginale.» affermò con la sicurezza di chi ha studiato a fondo il problema. «La causa principale del riscaldamento ambientale è dovuta  alla quantità di energia che il suolo assorbe dai raggi solari. Un terreno piatto assorbe l’energia di un raggio incidente, proveniente dal Sole, una sola volta. Il raggio viene poi riflesso verso il cielo e non colpisce più la superficie terrestre.

Al contrario, un raggio solare che colpisce una città si trova immesso in una struttura ad U, formata dalla strada in basso e dalle pareti dei palazzi ai lati. In queste condizioni, il raggio solare che arriva con una certa angolazione, colpisce inizialmente la facciata di un palazzo, la quale assorbe una prima percentuale del calore che il raggio trasporta. Poi il raggio viene riflesso verso il basso e colpisce il suolo, dove rilascia un’altra percentuale di energia che gli era rimasta ed infine si riflette di nuovo sulla facciata dell’edificio dall’altra parte della strada, prima di dirigersi verso il cielo. In questo modo riscalda il suolo tre volte prima di disperdersi, mentre in un’area priva di pareti verticali rilascia il suo calore una sola volta.

Questa differenza, che a prima vista potrebbe sembrare banale, in effetti è il fattore principale del riscaldamento ambientale che si sta verificando sul nostro pianeta. Il Sole infatti è la fonte naturale di energia che illumina e riscalda la Terra. Essa è talmente più alta, rispetto alla somma di tutte le altre fonti di energia prodotte dall’uomo in modo artificiale che, al suo confronto, esse risultano del tutto irrisorie.

L’effetto serra, legato all’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, è anch’esso un fattore molto importante, ma  riguarda un principio fisico diverso anche se, naturalmente, è da tenere in forte considerazione, perché contribuisce  all’aumento della temperatura sul Pianeta per altri motivi.»  

Aggiunse questa precisazione, guardando fisso il rappresentante del Ministero dell’Ambiente, un suo ex collega con il quale aveva lavorato assieme per qualche tempo presso il centro sperimentale dell’ENEA. Egli, nel corso degli anni era diventato il più potente sostenitore dell’ipotesi che l’aumento globale della temperatura sulla Terra fosse dovuto principalmente all’effetto serra. Questi aveva già aggrottato le sopracciglia ed era pronto a controbattere la tesi di Alex, a sostengo dell’aumento della temperatura per effetto serra, ma Alex continuò la sua esposizione con voce ferma e sicura: «Del resto gli scarichi industriali, oltre al calore immesso direttamente nell’atmosfera, sono responsabili dell’aumento della temperatura terrestre anche per un altro motivo.

Gli inquinanti contenuti in essi generano delle reazioni chimiche venendo a contatto con l’ossigeno contenuto nell’aria e queste reazioni avvengono quasi sempre con rilascio di calore che, in tale modo, viene immesso direttamente nell’atmosfera.» continuò il meteorologo, aumentando il tono della sua voce sull’argomento clou del suo articolo, quello che mostrava il principale coinvolgimento tra l’aumento di calore dovuto all’inquinamento urbano ed industriale e le malattie allergiche dell’apparato respiratorio: «I prodotti chimici quindi e i gas di scarico delle auto o quelli industriali, oltre a contenere una elevata quantità di anidride carbonica ed essere già caldi quando escono dalle marmitte delle automobili o dalle ciminiere, sono la principale causa dell’immissione di sostanze nocive nell’atmosfera, ottenute per reazione chimica tra i prodotti inquinanti e l’ossigeno dell’aria, che a loro volta, possono provocare delle reazioni organiche, di tipo allergico, all’interno del nostro organismo, tra cui l’asma bronchiale.»  A questa frase il pubblico si alzò in piedi, sottolineando l’esposizione di Alex con un lungo applauso.

Alla fine della presentazione, dopo un paio di domande che chiarirono qualche piccolo particolare, il presidente dell’assemblea ringraziò Alex per il suo prezioso contributo e per la chiarezza con cui lo aveva esposto. Il Ministro fece un cenno di assenso con il capo, che per il meteorologo e per gli organizzatori del convegno rappresentò una soddisfazione senza pari. La Presidente di Federasma non stava nei suoi panni dalla gioia, aveva avuto una intuizione giusta ad invitare un rappresentante del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare e quel giovane che avevano inviato era stata proprio la persona adatta. In poche parole, semplici e chiare, aveva messo a fuoco il collegamento tra la malattia e l’ambiente in cui viviamo nonché la responsabilità dell’uomo nelle variazioni climatiche sulle aree urbane. Molti conferenzieri avevano già preso dei blocchi notes su cui appuntare le numerose domande che intendevano porgli la sera, subito dopo la chiusura del primo giorno del convegno.

Un bambino asmatico può adottare un cane?


È un brano del libro: “Chicco e il Cane” di Alfio Giuffrida
Si trova su http://t.co/L1oZOWLK
 

 
Tiziana guardò il marito esprimendo con gli occhi un desiderio accorato, che aveva già manifestato altre volte: prendere il cane e tenerlo con loro. Ma finora aveva ottenuto sempre la stessa risposta : «Milly è ancora piccola, è meglio aspettare che abbia almeno un paio di anni», aveva sempre detto il marito, negando di soddisfare quel desiderio. In quel momento il pensiero di entrambi andò, come sempre, a Milena, o Milly come la chiamavano affettuosamente in famiglia, la loro bambina, ormai prossima ai tre anni, che sicuramente avrebbe gradito la compagnia di un cane, lo aveva già chiesto più volte anche lei.
Ma loro avevano detto sempre di no! Milly era affetta da asma allergico e la presenza di un animale con pelo probabilmente avrebbe acuito la sua malattia. Tuttavia questa volta Alex si mostrò consenziente, fece un cenno di si con la testa e un leggero sorriso, come poteva dire di nò davanti ad un simile trauma?
Del resto sia Alex che Tiziana, nella loro vita non avevano mai avuto l’esperienza di avere un cane, mentre la loro bambina aveva già manifestato la volontà di volere un animale domestico in casa, un essere sicuramente sincero al quale esternare il proprio affetto e riceverne altrettanto.
 
Fu la donna ad esprimere subito il suo dubbio: «E Milly? Disse perplessa. Cosa facciamo se il pelo del cane dovesse provocare un danno alla nostra bambina? Una volta che lei si affeziona, sarà difficile darlo via.»
«Andremo subito dal Dott. Franceschi,» rispose Alex, «sicuramente ci dirà di fare finalmente le prove allergiche di cui abbiamo parlato più volte e così vedremo. Se il pelo del cane potrebbe provocare un peggioramento ai disturbi della bambina, metteremo subito un annuncio sul “Giornale di Ostia” e lo daremo a persone in grado di accudirlo ed amarlo come merita, prima che entrambi possano affezionarsi, altrimenti lo terremo.»
Tiziana apprezzò molto quelle parole del suo uomo, era un ragionamento sensato, proprio quello che lei avrebbe voluto sentirsi dire e che lei stessa approvava pienamente. Nel frattempo che avevano fatto questo ragionamento, Tiziana non aveva smesso neanche un attimo di accarezzare la cagnetta, che in questo modo si era definitivamente calmata ed aveva accettato che quella mano amica passasse sul suo dorso arruffato e sporco di polvere. Il povero animale era stremato dal lungo camminare, ma aveva capito che quella donna poteva prendersi cura di lei. Oppure la sua idea era del tutto diversa, chissà cosa pensa un cane quando vede una persona sconosciuta che la guarda con affetto ed interesse?
Forse, in cuor suo, la cagnetta pensava che fosse proprio lei a poter essere di aiuto e di conforto a quella donna che, si vedeva, aveva bisogno di affetto. Di certo, anche loro riescono ad elaborare delle idee proprie: le loro azioni dimostrano infatti che sono frutto di un ragionamento, anche semplice, ma sicuramente sincero e privo di malizia o di pregiudizi.
Quando Tiziana finì di parlare e fece segno di prendere in braccio la cagnetta, lei si ritrasse un po’. Era ancora troppo spaventata per potersi affidare completamente ad una sconosciuta. Ma la donna la guardò negli occhi con affetto e lei capì che si poteva fidare, frenò la sua titubanza e lasciò che Tiziana passasse una mano sotto il suo petto mentre con l’altra la aiutasse dalle zampette posteriori e si fece sollevare con dolcezza.
La poggiò sul suo petto, incurante di sporcarsi il vestito e la girò un po’, in modo che Alex potesse almeno asciugarle le zampette sanguinanti con dei fazzolettini di carta, poi la portarono in macchina e partirono assieme, in quel traffico che era sempre a passo d’uomo, ma adesso non dava loro alcun fastidio, avevano tante cose a cui pensare, per cui arrivare dieci minuti prima o dopo non faceva nessuna differenza.
Non andarono direttamente a casa, prima passarono da uno studio veterinario che era proprio nella strada a fianco. Volevano sapere se quel cane stava bene o aveva qualche malattia, magari contagiosa, che potesse rappresentare un pericolo per la bestiola stessa, ma anche per loro e per la loro bambina.
Il medico visitò la cagnetta in maniera accurata e constatò che sicuramente aveva avuto dei cuccioli quattro o cinque giorni prima ma, a parte lo stato di spossatezza, in salute stava perfettamente bene. Comunque le fece una puntura di antibiotici per precauzione, in modo da proteggerla da eventuali infezioni. Prescrisse un paio di medicinali per fermarle il latte, visto che ormai non ne aveva più bisogno e raccomandò di riportarla dopo un paio di giorni, per vedere se tutto procedeva bene.
Affidò quindi la cagnetta alle cure di una sua collega, che le fece una accurata tolettatura. Quando finalmente uscirono, non sembrava più quel sacco di pulci di pochi minuti prima, ma era ritornata ad essere veramente un bel cane, il suo pelo era lucido e leggermente profumato.
Nel vederla, Tiziana si riempì il cuore di gioia. Aveva preso quella cagnetta perché le aveva fatto pena, era sporca e malandata. Ma in pochi minuti si era ritrovata davanti un bel cane, che la guardava con affetto, desiderosa di avere le sue carezze e pronta a seguirla ovunque lei decidesse di andare.
Anche Alex era contento e un po’ confuso, non avendo esperienza su cosa occorresse per tenere un cane in casa, propose di passare da un negozio di prodotti per animali e farsi consigliare sulle necessità di queste piccole bestiole. Comprarono anzitutto una brandina, un po’ di croccantini e due ciotole, poi andarono a casa e la sistemarono in un angolo del salone. Chiamarono subito il medico allergologo che aveva in cura Milena per avere al più presto un appuntamento. Tiziana era contenta ed eccitata, pregava tutti i Santi affinché  quella cagnetta non fosse la possibile causa di un aggravamento della malattia della sua bimba, in fondo anche lei desiderava un cane. «Se potremo tenerla con noi, la chiameremo Molly,»  disse al marito in un attimo di tregua dal frenetico da fare che quel cane aveva dato loro, «si adatta molto bene al nome della nostra bambina.»
La sera, quando andarono a casa dei nonni per prendere Milena, le dissero che a casa avrebbe trovato una sorpresa. Milly non stava nella pelle, pensava a qualche giocattolo elettronico, forse era proprio la play station che aveva visto a casa di Francesco, il suo compagnetto di asilo che aveva un fratello più grande di loro, il quale giocava sempre davanti al televisore con uno di quei giochi in cui un eroe giapponese raggiungeva favolosi tesori elettronici saltando tra botole che si sprofondavano e draghi che uscivano dalle pareti. Lui mostrava sempre al fratellino ed alla sua amichetta l’abilità che era necessaria per muovere le manopole con destrezza e premere i pulsanti del joystick al momento giusto, ma non li faceva neanche avvicinare a quel gioco tanto attraente. Già per strada Milly cominciava a respirare male, ma era una cosa che le accadeva sempre quando si agitava per qualche problema che le dava un po’ di ansia o si entusiasmava per qualche gradita sorpresa.
Quando arrivarono a casa la gioia di Milena fu immensa, tanto da lasciarla a bocca aperta ed occhi spalancati. Molly era sulla sua cuccetta in un angolo del salone, non si era mossa di un passo dal luogo dove l’avevano lasciata, aveva lo sguardo triste e i movimenti lenti, ma appena vide i due genitori, che già conosceva, cominciò a scodinzolare. Poi vide la bambina che si avvicinava correndo verso di lei e subito si fermò, raggomitolandosi su se stessa in segno di paura.
La gioia di Milly esplose grande e incontrollabile. Le si avvicinò con quel candore che solo i bambini hanno e che li mette subito in sintonia con chi hanno vicino, persone od animali che siano. Cercò di accarezzare il cane, voleva abbracciarlo e forse prenderlo in braccio. Ma il cane si rannicchiò in un angolo della cuccetta, mostrando di avere paura. Appena vide quella mossa, la bambina ci rimase male.
Perché quel cane mostrava di essere a proprio agio quando lo accarezzava un adulto, mentre aveva paura di una bambina? Forse i precedenti padroni avevano una bambina che le faceva del male? Eppure i bambini hanno un istinto innato di giocare con un cane e sono sempre molto delicati nell’accarezzare le bestiole. Milly aveva sempre sognato un cane ed era felicissima che il suo sogno si stava avverando, ancora non aveva capito bene se quel cane era suo oppure no, ma quello sguardo così triste la stranì un po’. Lei, come tutti i bambini, era abituata a vedere dei cani allegri, che scodinzolano e fanno le feste appena vedono una persona nuova. Perché invece quel cane, appena l’aveva vista si era rannicchiato? Perché aveva paura di lei? Non era contento di vederla ed essere suo amico? Milly fece un passo indietro e si strinse alla mamma, cercando anche la mano di papà. Aveva il bisogno di stare vicino ad entrambi i genitori per digerire la sua gioia, ma anche per capire il perché di quello strano sguardo del cane.