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domenica 9 marzo 2014

Quando cade un aereo

sito web web Ogni volta che cade un aereo, subito si pensa ad uno di questi due fattori: la meteorologia, che nonostante la tecnologia avanzata dei moderni aerei è sempre in grado di mettere in difficoltà qualsiasi tipo di velivolo; e il terrorismo, la nuova arma, più pericolosa e temuta della bomba atomica. Quanto al problema scientifico, si è parlato più volte, in questo stesso blog o, più in generale, su sito http://www.alfiogiuffrida.com/ , della esperienza di una riattaccata. Ma al sottoscritto una volta, è capitato un evento ben più grave: entrare con l’aereo in un cumulonembo. Vi assicuro che l’esperienza è una di quelle che lasciano il segno.

 
Quanto al terrorismo, appena se ne parla pensiamo subito all’undici settembre 2001 e ciò che è accaduto a New York. Quella è stata una giornata che ha segnato una svolta nella storia dell’umanità! A New York il cielo era sereno, un azzurro che invitava tutti a stare tranquilli, a sentirsi sereni. Nulla avrebbe fatto presagire la catastrofe che si sarebbe scatenata alle ore 8.46 locali. Ma forse questo cielo sereno era uno degli elementi necessari a realizzare quello che è stato senz’altro il più grave attentato di tutti i tempi.

Sicuramente ai piloti attentatori, visto che non erano dei professionisti e quindi, almeno in parte, dovevano “volare a vista”, serviva che la visibilità fosse ottima.

Ma forse quella giornata di cielo sereno era stata scelta anche per un altro motivo. Nella mente malata dell’ideatore era già presente quell’immagine della Statua della Libertà, simbolo degli Stati Uniti d’America come difensori della libertà nel mondo, offuscata dal fumo nero delle Twin Towers, simbolo della potenza economica dello Stato più industrializzato del mondo. Cosa sarebbe accaduto se quel giorno fosse stato molto nuvoloso o New York fosse stata sotto l’azione di un violento temporale? Sicuramente i morti ci sarebbero stati lo stesso, ma lo spettacolo che Bin Laden voleva dare al mondo, dell’America in fiamme, sarebbe stata poco visibile.

Se l’attentato fosse avvenuto al centro di un banco di nebbia, nessuno avrebbe visto con chiarezza il secondo aereo che penetrava nella Torre Sud come se fosse un coltello che affonda nel burro.

Il giorno 10 e il 14 a New York, nella stazione posta sulla 5° Avenue, pioveva, come si può vedere dal bollettino meteorologico del mese di settembre 2001 (tratto dal sito:  http://www.noaa.gov/) , ma il giorno 11 era sereno.

Chissà se lo “sceicco della morte” abbia tenuto conto di questo fattore e il giorno 11, se fosse stato piovoso, avrebbe addirittura rimandato l’attentato ad un altro giorno? Forse tanti eventi non si sarebbero verificati, se in quella data il cielo fosse stato coperto e le torri poco visibili? Questo di certo non lo sapremo mai! Possiamo solamente farci un’idea, ma sarebbe solo la nostra, chiunque potrebbe dire che abbiamo ragione oppure torto. Nessuno potrebbe legare con certezza gli eventi meteorologici con i fatti di guerra o gli attentati.

Eppure, la meteorologia è nata proprio per un fatto di guerra.

Nel 1854, già molti scienziati avevano proposto dei metodi per fare delle previsioni meteorologiche, anche solo di uno o due giorni. Alcuni governi dei maggiori Stati avevano anche individuato delle iniziative di cooperazione internazionale per soddisfare la principale esigenza, prospettata dagli scienziati, per poter fare delle “previsioni del tempo”: quella di raccogliere in un solo ufficio, in tempi brevissimi, i dati di osservazione su una superficie vasta quanto l’intera Europa. I mezzi tecnici erano già resi possibili dall’invenzione del telegrafo, mancava solo la volontà politica.

A quel tempo era in corso la Guerra di Crimea tra l'Impero Russo da un lato e l'Impero Ottomano con i suoi alleati (Regno Unito, Francia e Regno di Sardegna) dall’altra.

Il 14 novembre 1854, una violenta tempesta nel Mar Nero causò danni ingentissimi alla flotta anglo-francese intervenuta a fianco dei Turchi. Quel giorno andarono perdute trentotto navi e tre vascelli per cause meteorologiche, mentre i morti furono circa 400. La flotta russa non aveva mai inflitto agli alleati una disfatta così dura, come invece aveva fatto una “semplice” tempesta. In quella occasione l’astronomo francese Jean Joseph Le Verrier  dimostrò al suo governo che quell’evento sarebbe stato prevedibile.

Meno di un anno dopo, il 16 febbraio del 1855, nacque il Servizio Meteorologico Francese, seguito, in brevissimo tempo, dalla nascita dei vari “Servizi” in  tutti gli altri Stati.

Quella, tuttavia, non fu la sola occasione in cui si dovette tener conto della meteorologia nella preparazione di particolari eventi bellici. I giapponesi ne tennero conto quando dovettero radunare una immensa flotta per l’attacco a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941. Come punto di raccolta essi scelsero una zona di mare, davanti alle Isole Curili, dove le condizioni atmosferiche erano tali da celare alla vista da terra anche un raggruppamento di navi così imponente come la flotta d’attacco.

Parimenti per lo sbarco in Normandia, appena concluse le operazioni preliminari il 31 maggio, si era scelta la data del 4 giugno 1941. Tuttavia si dovette rimandare al 6 in base alle previsioni meteorologiche, che davano condizioni di mare molto mosso (vedi foto). Purtroppo non si potette aspettare oltre in quanto, a partire dal giorno 7, l’alta marea avrebbe nascosto gli ordigni, posti dai tedeschi sulla riva, per fare esplodere i mezzi di sbarco. In quella occasione sembra tuttavia che non si aspettò abbastanza, il grandissimo numero di vittime che si ebbero sulla spiaggia denominata  Omaha, fu dovuto al fatto che i carri armati Sherman anfibi non riuscirono ad arrivare a riva, a causa degli urti delle onde del mare ancora troppo mosso.

giovedì 26 dicembre 2013

“La danza dello sciamano” – La “riattaccata” con l’aereo


È un brano del libro: “La danza dello sciamano” di Alfio Giuffrida
Si trova in libreria oppure on line: http://t.co/L1oZOWLK
I libri di Alfio Giuffrida fanno parte del filone letterario  VERISMO INTERATTIVO, in cui il lettore può diventare “Protagonista” del romanzo commentando le discussioni aperte nel FORUM del sito  http://www.alfiogiuffrida.com/  ,sui vari argomenti di attualità inseriti nel testo.

 
I passeggeri erano tesi, ma in quel mentre si ebbe una violenta perdita di quota! Mentre tutti aspettavano di sentire che le ruote toccassero l’asfalto, improvvisamente i motori cominciarono a rombare a tutta forza, l’aereo prese nuovamente velocità scivolando sulla pista senza tuttavia toccarla, il numero dei giri del motore salì al massimo, facendo vibrare l’aereo come un frullatore nel quale erano stati messi a macinare dei chicchi di caffè.
 
L’aereo riprese l’assetto di salita; era come se stesse decollando di nuovo, ma in modo frenetico, il rumore dei motori era assordante, tutto sembrava roteare e sobbalzare. Le persone furono sballottate in tutte le direzioni e restarono incollate ai sedili solo perché erano legate con le cinture di sicurezza.
I flap si erano retratti improvvisamente e le estremità delle ali beccheggiavano violentemente, sembrava stessero per spezzarsi.
Nella parte bassa dell’aereo si sentì un rumore secco, come se fosse qualche oggetto che era sbattuto violentemente contro la carlinga del velivolo.
Un tonfo che gelò il sangue nelle vene dei passeggeri, forse si trattava solamente del carrello che era stato retratto, ma nessuno osò chiedere conferma.
Laura guardò Claudio con terrore,  una scarica di adrenalina aveva pervaso il suo corpo, aveva dei brividi come se le avessero rovesciato una secchiata di cubetti di ghiaccio tra la camicetta e la schiena ma, stranamente, avvertiva uno strano calore scorrerle dalla testa ai piedi ed un sudore freddo bagnarle la pelle.
Le veniva da urlare e vedeva che anche gli altri passeggeri si guardavano attorno, anche loro atterriti.  Claudio era immobile, con lo sguardo fisso di chi sente un grosso vuoto nello stomaco, ma sa che non è fame.

Alex, che essendo un Ufficiale dell’Aeronautica Militare aveva volato molte più volte di loro ed aveva già avuto l’occasione di trovarsi in una situazione simile, disse:  «Non preoccupatevi, è solo una “riattaccata”! Una manovra che viene eseguita quando la fase di atterraggio presenta qualche situazione per la quale è obbligatorio o consigliabile interrompere la discesa ed effettuare nuovamente un circuito in volo per poi ripresentarsi all’atterraggio».
A quelle parole inaspettate, tutti lo guardarono con interesse. Laura lasciò la mano di Claudio e prese quella di Alex, che era seduto nel sedile accanto al suo, dalla parte del finestrino, stringendola con entrambe le sue.
Lo guardava spaventata, con gli occhi fuori dalle orbite, balbettando qualcosa ma senza dire nulla. Mentre l’aereo riprendeva quota. Alex sfiorò appena quelle mani che lo stringevano forte e si sentì attratto da quella ragazza. Incrociò per un attimo anche lo sguardo di Claudio e notò un rancore represso nei suoi occhi.
Vide che gli occhi di tutti i passeggeri erano puntati su di lui e si sentì al centro dell’attenzione, come un missionario che deve spiegare ad un gruppo di indigeni, raggruppati attorno a lui, perché devono avere fede in Cristo, mentre un altro gruppo di ribelli sta già sparando delle raffiche di mitra su di loro.
Per un attimo pensò alla ragazza seduta a fianco a lui, che gli era stata presentata da Claudio semplicemente come una esperta di serre, che partecipava a quel viaggio per lavoro in qualità di rappresentante della sua ditta. Vide che lei adesso teneva gli  occhi chiusi, era pallida e tremava come una foglia.
Quel volto e quella espressione lo fecero sentire al centro di una grande responsabilità.
Doveva fare qualcosa per evitare che tutti i passeggeri fossero presi da una crisi di panico, ma gli argomenti validi non erano poi tanti, per cui si mise a spiegare a voce alta le fasi di una riattaccata, in modo da rassicurare quei corpi ormai quasi privi di anima.
Cominciò a parlare con calma, con il suo solito tono da professore: «Una riattaccata è un evento inusuale, ma è una manovra di sicurezza e non di emergenza.
Se il pilota ha preso la decisione di riattaccare, in genere è perché ha valutato di essere “arrivato lungo” sulla pista, oppure perché ha notato che l’assetto dell’aereo non è quello ottimale o perché la torre di controllo gli ha dato ordini precisi per evitare un possibile ostacolo in pista. 
In questo caso, forse, ci siamo semplicemente trovati in una situazione di “wind shear“ dovuto all’effetto di un temporale nelle vicinanze, che crea forti variazioni di intensità e direzione del vento e rende incontrollabile l’aeromobile. Bene ha fatto il comandante a riattaccare».
In effetti lui non aveva paura per se, si era trovato altre volte ad essere coinvolto in una simile manovra e ne era uscito sempre vivo. Ma adesso si sentiva responsabile dei sui compagni di viaggio, doveva prolungare quel discorso per tutta la durata della manovra, in modo da tenerli impegnati e non fare sentire loro la paura.  
Alex deglutì profondamente e continuò quel suo discorso che non aveva preparato.
«Una volta iniziata la manovra, deve quindi eseguire una serie di operazioni, la prima delle quali consiste nel dare “manetta” ai motori, in modo da avere la massima potenza, come nella fase di decollo. Contemporaneamente deve retrarre i flap ed il carrello, in modo da far prendere velocità e quota al velivolo.
Stando seduti avvertiamo una variazione di assetto dell’aereo, ci accorgiamo infatti che riprende a salire anziché continuare s scendere. Se guardiamo dal finestrino, vedremo i flap rientrare, spostandosi dalla posizione di atterraggio a quella di decollo.»
In quel mentre guardò dal finestrino ……..