mercoledì 13 febbraio 2013

Il mito di Enea

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Naufragio: oggi si parla tanto della tragedia della nave Costa Concordia, il cui naufragio è accaduto proprio un anno fa. Al riguardo si invita a leggere il libro “Quella notte al Giglio”, di Alfio

Giuffrida, che racconta quei momenti terribili. Spesso lo si accomuna ad un altro naufragio famoso: quello del Titanic, avvenuto cento anni fa. Tuttavia, quando si parla del naufragio di una nave, si pensa subito alle condizioni del tempo e si immagina un mare tempestoso. Eppure questi due famosi naufragi sono avvenuti con il mare perfettamente calmo.

E quando si parla di mari tempestosi, a tutti noi ritorna alla mente un libro famoso: l’Eneide, che narra come da una serie di tempeste e peregrinazioni, di interventi divini e di fatiche umane, sia nata la stirpe di Roma e del suo glorioso Impero, al quale tutti noi italiani ci sentiamo molto legati.

Ma fu un naufragio quello che portò Enea nei pressi del Tevere? Oppure egli scelse volutamente le coste laziali per fondare una nuova civiltà con gli esuli della sua amata Troia?

Come si racconta nell'Eneide, Enea, figlio della dea Venere, fuggì da Troia, ormai presa dagli Achei, con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio. La sua meta era l’Etruria la cui popolazione era legata a Troia da molti fattori, ma il viaggio che egli percorse per raggiungerla fu lungo e pericoloso. Dopo varie peregrinazioni nel Mediterraneo, Enea approdò nel Lazio nel territorio di Laurento.

Qui venne accolto con ostilità da Latino, Re di quella “città stato” ma, secondo una delle tante leggende che raccontano quelle gloriose vicende, il destino volle che il re italico fosse vinto in battaglia e costretto a fare pace con l'eroe troiano. Si narra, inoltre, che una volta conosciuta la figlia del re, Lavinia, i due giovani si innamorassero perdutamente l'uno dell'altra, anche se la ragazza era stata promessa in sposa a Turno, re dei Rutuli, che vivevano nel territorio della vicina città di Ardea.

L'amore dei due giovani costrinse il vecchio padre, Latino, ad assecondare i desideri della giovane figlia ed a permetterle di sposare l'eroe giunto da Troia, pur sapendo che prima o poi avrebbe dovuto affrontare l’ira di Turno. Ben presto infatti scoppiò la guerra tra Latini e Troiani da una parte e Rutuli dall’altra. In una prima fase furono i Rutuli ad avere la meglio, grazie alla momentanea assenza di Enea, ma il ritorno in campo dell’eroe troiano segnò la svolta decisiva nel conflitto. Allora Giunone, dea da sempre ostile ai troiani, sottrasse Turno all'ira di Enea con un incantesimo, trasportando il re rutulo nel suo palazzo. Ma l’ira di Turno era irrefrenabile e ben presto i buoni propositi del partito favorevole alla pace furono battuti, per cui egli ritornò a combattere, scatenando il suo esercito e tentando il tutto per tutto. Dopo una prima battaglia, terminata a favore dei latini, seguì una tregua, ben presto violata; nell'ultimo decisivo scontro Turno venne affrontato in duello da Enea e ucciso.

Nel poema virgiliano i Rutuli sono guerrieri fieri e valorosi, disposti a tutto per il loro re Turno quando questi dichiara guerra ai troiani. Dopo la dura sconfitta, la loro civiltà decadde rapidamente e di essi si è parlato poco per oltre 2000 anni.

La loro stirpe tuttavia è sempre orgogliosa di vivere in quel territorio che fu sede così cruenti scontri. Al giorno d’oggi il loro nome è rievocato da un coro polifonico ormai famoso: i “Rutuli Cantores”, che tengono altro il nome di Ardea e della sua gente con i loro concerti in tutto il Lazio, ma anche in molte altre regioni italiane ed all’estero, partecipando a Rassegne e Concorsi corali. La spinta decisiva alla loro notorietà è arrivata nel 2001, con la direzione del Maestro Costantino Savelloni, già direttore di un altro complesso polifonico: “Lo Strambotto”, ambientato ad Acilia, un’altra località storica dell’antica Roma, il quale ha saputo sfruttare due repertori diversi, se pur simili, per i due cori, ottenendo con entrambi strepitosi successi. 



 

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