giovedì 25 novembre 2021

Alfio Giuffrida Juilenne

 Il libro

Il romanzo ‘Julienne’ fa parte del movimento ‘Verismo Interattivo’, ideato nel 2011 da Alfio Giuffrida, che consiste nell’inserire nel testo dei romanzi degli argomenti culturali e di attualità che possono poi essere discussi nei social e nei forum.

L’argomento principale di questo romanzo è: ‘Florinne è figlia di Julienne, ma è stata adottata da Lara. Qual è per lei la vera madre?

Alex e Julienne rievocano la loro giovinezza vissuta insieme, ma ognuno la ricorda dal proprio punto di vista, vedendo due storie totalmente diverse. Il romanzo è lo spunto per analizzare cosa accade nella psiche di una persona quando da donna si trasforma in madre.

Per descrivere l’entità del conflitto interno cui sarebbe soggetta una ragazza che si trovasse in questa condizione, sono state esaminate molte situazioni riportate sul WEB, in cui le dirette interessate hanno descritto le loro sensazioni.

Naturalmente, la storia descritta è inventata, così come lo sono i protagonisti, tuttavia, per alcuni argomenti, si è preso spunto da eventi e persone realmente esistiti.

Ad esempio il personaggio di Alain l’autore ha preferito ispirarsi a un personaggio emblematico realmente esistito, il diplomatico Porfirio Rubirosa, che negli anni cinquanta ha avuto una grande fama di playboy e di perfetto amante; tuttavia non ha avuto figli. Se li avesse avuti, come si sarebbe comportato?

Un altro soggetto cui ci si è ispirati è il maresciallo Vincenzo Di Gennaro, morto per la sua fedeltà al servizio.

Basandosi sui princìpi del Verismo Interattivo, gli argomenti da approfondire sono molti, come quello sui ‘nuovi schiavi’ attratti dagli agi e dall’ipocrisia dei ricchi che fanno presa sulla disperazione degli oppressi. Chi vincerà?

Un viaggio nell’Europa dei potenti e nell’Africa dei migranti, con una ipotesi inquietante sulla morte di un dimostrante. Un thriller che non smetterà di sorprendervi fino all’ultima pagina.

Il libro si avvale della prefazione del noto giornalista RAI: Gianni Maritati.

Julienne è in vendita sul sito Amazon, in formato ebook e cartaceo, lo trovate su: http://t.co/L1oZOWLK  


Prefazione. FRA DOMANDE E RIVELAZIONI

Il mistero della maternità, intrecciato a quello dell’adozione, è al centro di questo nuovo romanzo di Alfio Giuffrida, “Julienne”. Una trama sospesa fra scandaglio psicologico, sguardo sociale e thriller giudiziario, ambientata fra Roma e l’Africa.

Florinne è figlia di Julienne, ma è stata adottata da Lara. Qual è la vera madre di Florinne? Chi l’ha partorita o chi l’ha cresciuta? Chi l’ha messa al mondo ma poi l’ha lasciata sola o chi l’ha circondata con il suo amore? Non sono domande facili e la risposta non è scontata. È un bivio doloroso, paralizzante, oscuro. Una situazione complessa e contraddittoria che l’autore affronta secondo i canoni di quello che lui stesso chiama “Verismo Interattivo”: farsi interrogare dai fatti, aprire un dibattito critico, affondare l’analisi fra le pieghe e le piaghe della società e della psiche individuale.

In questa prospettiva, il romanzo ci fa ragionare sui conflitti psicologici e sulle ansie di una donna che diventa madre, ci aiuta a illuminare il difficile percorso interiore di una ragazza che si sente figlia di due madri e di nessuna al tempo stesso. La sua crescita è compromessa. Ma anche il ruolo del padre è decisivo per la formazione di un figlio: molti padri (e molte coppie) lo vedono purtroppo come un frutto poco o per nulla desiderato, come un ostacolo e un problema. Questi tristi presupposti si traducono in traumi e difficoltà di ogni genere.

È proprio qui che interviene la letteratura, che ha fra i suoi compiti quello di sollevare dubbi e domande, di obbligare il lettore a percorrere un cammino di maturazione, forse anche di liberazione. A questo tema dominante, se ne intrecciano tanti altri: gli sconvolgimenti dell’amore, il riscatto dei neri privati dei loro diritti, la nostalgia dell’infanzia, l’influenza dell’ambiente sociale sull’educazione dei figli. Un romanzo ricco di vibrazioni e di suggestioni, sorprendente, che innalza su un piano superiore l’intera opera narrativa di Alfio Giuffrida.

 Gianni Maritati

Capitolo 1. L’alba di una nuova vita.

 

Era bella Julienne, bella e selvaggia. Stava dritta sulla sponda della motovedetta, isolata dal gruppo dei migranti, con lo sguardo fisso verso l’orizzonte, dove alcune pennellate di rosso segnavano la fine del buio della notte e l’inizio di un nuovo giorno. Eppure il suo cuore batteva forte, scosso da mille rimorsi sugli errori del passato, forse quella che stava per affrontare era proprio l’alba di una nuova vita, questa era la sua speranza.

Solo una luce brillava nei suoi occhi, un’immagine di tanti anni fa, di una bambina in lacrime lasciata in braccio a un’estranea. Per molto tempo quel viso infantile era caduto in oblio, scomparso dai propri sentimenti, mentre adesso le ritornava impetuoso.

Le venne in mente il ritratto di sua madre, della quale le era rimasto solo un inappagato desiderio di amore e abbassò lo sguardo, pensò alla propria figlia. Dov’era adesso? Era viva e sana, oppure il destino l’aveva inghiottita in qualche strana piega dei suoi meandri? Era stata adottata con affetto? Era serena, appagata della vita? Se la vedesse, la riconoscerebbe subito o avrebbe delle esitazioni? E la bimba, ormai quasi adulta, sarebbe felice di vederla o no? Quel dubbio si insinuò nei suoi pensieri e la fece tremare.

Il mare e il cielo adesso si erano entrambi colorati di rosso e dal punto più luminoso iniziava a sgorgare una palla di fuoco, che sembrava rotolare sulle onde. Come per incanto, tutti si girarono a est, sbalorditi nell’ammirare quel fenomeno naturale che molti di loro non avevano mai visto prima. Erano persone semplici, alcuni lo interpretarono come un segno divino e si inginocchiarono in senso di rispetto. L’incanto durò solo pochi minuti, poi il sole uscì dal mare e abbagliò tutti. Poco dopo la nave toccò il molo.

Scesero uno per volta, ordinatamente ma in fretta, ansiosi di poggiare i propri piedi su qualcosa che desse loro la solidità della terraferma, ormai erano proprio stanchi dopo tante ore di beccheggio in mare. Erano tutti neri, molti uomini e pochissime donne, ciascuna con un bambino al collo, eccetto lei, dai bellissimi lineamenti, bronzati dai troppi anni trascorsi al sole.

L’appuntato Vincenzo aveva il compito di contarli, pensava di aver finito e stava per ordinare di allontanare la scaletta dall’imbarcazione, quando vide una figura femminile che si attardava a bordo. Le fece cenno di sbrigarsi, mentre la donna lo scrutava in volto e copriva il suo, non tanto per motivi religiosi, ma forse perché era incerta se esporsi o cercare di restare il più possibile nell’anonimato.

Lui si avvicinò quasi a sbarrarle il passo, osservò i suoi occhi, l’unica parte visibile della giovane ed ebbe un sussulto: quello sguardo lo aveva già visto molti anni fa. La sua mente indagava nei ricordi, cercava un nome che non ricordava, ma che era sicuro di conoscere.

La donna abbassò un po’ il velo fino a scoprire la bocca e lo chiamò per nome: “Vincenzo.”

Lui riconobbe la voce e un brivido freddo attraversò veloce tutto il suo corpo.

“Signorina, è lei? Come sta?”

Lei lo guardò incredula, non si sarebbe mai aspettata di incontrare al suo sbarco una persona che già conosceva.

“Bene.” Rispose con un filo di voce, rispolverando una lingua che non parlava da anni.

“Sua eccellenza sa che lei è qui?” Riprese il militare, impacciato ed emozionato nel rivedere qualcuno in un posto che non si sarebbe mai immaginato.

“No!” Si affrettò a dire lei, decisa e impaurita allo stesso tempo.

“Non lo sa e non lo deve sapere!” Aggiunse con voce concitata.

Il carabiniere rimase impietrito da quella risposta, il suo sguardo si fece preoccupato, temendo chissà quale terribile storia fosse accaduta dopo che lui li aveva persi di vista.

Lei abbassò gli occhi, sapeva che la sua era una fuga i cui particolari non potevano essere raccontati, ma capiva che in quel momento aveva bisogno di aiuto, la sua posizione non era certo quella di una turista in visita di piacere.

Si avvicinò all’orecchio e aggiunse sottovoce, come a proporgli qualcosa di illecito:

“Forse lei potrebbe aiutarmi a fuggire, come se non mi avesse vista. Poi saprei io come raggiungerlo sul suo telefono riservato, per me sarebbe un grande aiuto e mio padre la ricompenserebbe lautamente.”

Lui rimase un attimo pensieroso, sapeva bene che il papà della ‘signorina’ era un uomo di legge, ma che conosceva bene anche i modi per aggirarla. Era uno di quei potenti per i quali accettare dei compromessi, al fine di ottenere qualcosa con qualche sotterfugio, era normale. Inoltre sapeva quanto fosse ricco e magnanimo. Se l’avesse assecondata, per lui sarebbe stata un’occasione che poteva valere una vera fortuna.

La fissò negli occhi, incredulo di quella proposta in conflitto con la sua morale. Lei contrasse i muscoli del viso, come a invogliarlo a cedere alle lusinghe del denaro. Tuttavia, lui conosceva la dignità che la sua divisa imponeva a un vero servitore dello Stato, per cui fece finta di non aver capito bene e soggiunse:

“Lei adesso è entrata in Italia, per cui non si può fare a meno di registrare il suo ingresso, comunque posso testimoniare che lei non è una clandestina, faremo tutto il possibile per aiutarla, vedrà che risolverà presto e bene tutti i suoi problemi, pur agendo secondo le regole.”

Vide la donna imbronciarsi in volto per la delusione e cercò di fare subito qualcosa per dimostrarle che a lei sarebbe stato riservato un trattamento di favore.

Chiamò un suo collega, affinché lo sostituisse nelle ultime formalità dello sbarco: “Questa non è africana,” gli disse sottovoce, in tono confidenziale, “la porto in caserma, voglio parlare col comandante e vediamo cosa dice lui di fare.”

Le fece segno di seguirlo e, con un gesto della mano, la invitò a coprirsi un po’ di più col foulard che aveva al collo, giusto per non dare nell’occhio e non dover fornire troppe spiegazioni ai mille pettegolezzi che i vecchi del paese avrebbero messo in giro, il giorno dopo, sui vari particolari che avevano notato e, ancora di più, su quelli che avevano immaginato.

Il graduato, oltre che profondamente onesto, era anche diligente. Mentre camminava verso la caserma, sapeva che aiutare quella donna poteva procurargli seri problemi, ma quando si hanno le stellette al petto, quando hai seguito con attenzione quelle regole che ti inculcano il senso del dovere al di là delle tue esigenze personali, sai come agire, con professionalità e rispetto del prossimo, per fornire alla società il massimo aiuto possibile.

 

Ricordava un altro episodio, avvenuto alcuni anni prima, che lo aveva coinvolto personalmente e anche quella volta, agendo secondo le regole, si era trovato bene. Il suo pensiero andò a quei momenti: anche in quella occasione lui era sul molo, a contare i disperati che scendevano da un barcone che era riuscito a raggiungere autonomamente il porto di Lampedusa. Allora erano stati gli stessi migranti a fargli segno che, nella stiva, era rimasto qualcuno.

L’appuntato salì a bordo e sentì i singhiozzi di un bimbo di pochi mesi, stretto al petto della madre sdraiata sul pavimento. Lui disse alla donna di alzarsi, ma poi capì che la situazione era grave: provò a scuoterla, rendendosi conto che per lei non c’era più nulla da fare. Forse si era imbarcata già malata oppure era stata la durezza del viaggio a decretare la fine della sua speranza.

Il piccolo si profondeva in un pianto disperato, sicuramente aveva fame e anche bisogno delle attenzioni affettuose di una mamma che non poteva più dargliele. Disse all’interprete di chiedere agli altri del gruppo se fra loro ci fosse qualche parente o se almeno la conoscessero. Alla fine della sua breve ma alacre indagine, riuscì solo a sapere che quella donna proveniva dal Niger, che si era aggiunta al loro gruppo quando attraversavano il deserto e che il bambino si chiamava Abdul.

Vincenzo era uno di quelli che non amava porre costantemente l’argomento degli immigrati al centro di qualsiasi discussione, non si metteva a pontificare agli altri su chi fosse un uomo esemplare e chi immorale. Eppure su quella questione espresse il suo parere con i fatti e non a parole, con sincerità e non con l’ipocrisia che caratterizza i discorsi di molti. Evitò di chiedersi se quel gesto che stava per compiere fosse dettato dall’egoismo verso sé stesso o dalla carità verso un piccolo essere indifeso.

Non si pose neanche il problema se i migranti fossero martiri di guerre civili interne al loro paese, o vittime di mercanti senza scrupoli che si arricchiscono sulla pelle degli altri, approfittando della povertà e dell’ingenuità di poveri innocenti per invogliarli a emigrare. Non si mise a discutere con gli altri per mostrare a tutti l’atto di generosità che stava facendo, né cercò di vantarsi con qualcuno, nella società di egoisti in cui lui viveva. Questo era il suo modo di fare, un ambiente fatto di semplicità, di onestà e di generosità. Un mondo che scompare.

Nella sua mente si fece subito strada un desiderio. Prese il bimbo in braccio e lo coccolò un po’ per calmarlo, entrò in un bar dove c’era un telefono pubblico e contattò la moglie, che abitava nella loro casa in Sicilia, a Scicli di Ragusa, dove risiedevano quando lui era libero dai turni di servizio. Le raccontò con calma ciò che era accaduto, visto che erano sposati ormai da molti anni e, nonostante ci avessero provato in tutti i modi, non erano riusciti ad avere un figlio, pur desiderandolo tanto.

“Vuoi che provo a informarmi se possiamo adottarlo?” Le chiese con l’esitazione di chi sa che sta per compiere un passo molto importante nella propria vita.

“Sì!” Rispose lei tra i singhiozzi, che esprimevano un grande dolore per quel bimbo e una grande gioia per sé stessi.

“Il bambino è nero e si chiama Abdul. Se decidiamo di tenerlo, dovremo essere i suoi genitori per sempre.” Riprese lui quasi ad avere la conferma di aver capito bene che anche la moglie era d’accordo e che il fatto di essere di un altro colore non rappresentasse un problema in quel momento e in futuro.

“Lo so,” rispose lei decisa, “ho capito benissimo e io non ho alcun problema ad affrontare qualsiasi critica ci venga mossa da chiunque.”

… omissis …

 

 Recensioni e valutazioni.

Questo romanzo è stato pubblicato in esclusiva con Amazon, per cui la diffusione del libro non è soggetta ai possibili interessi imposti dalle Case Editrici, ma solo al giudizio dei lettori espresso tramite il passaparola.

In queste condizioni è gradita una recensione in cui evidenziare un brano che è sembrato interessante, oppure segnalare il vostro accordo o disaccordo sugli argomenti trattati. È possibile anche esprimere una semplice valutazione cliccando sul numero di stellette nella pagina Amazon del libro, senza scrivere nulla. In ogni caso vi ringrazio per avere scelto di leggere la mia opera.

 

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