È
un brano del libro: “Quella notte al
Giglio” di Alfio Giuffrida
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anche http://www.alfiogiuffrida.com/
Ad
un tratto, verso mezzogiorno, sentimmo dei boati, come dei colpi di cannone
sparati lì, vicino al porto. La signora del negozio, dove Silvia stava provando
una maglietta, sorrise soddisfatta, come se si stesse, finalmente, avverando
qualcosa che aspettava con ansia. Ci fece segno di uscire dal negozio e
guardare verso il mare. Nel frattempo si udirono altri colpi di mortaio, come
quelli che si sparano durante le feste patronali, tre, quattro …. dieci.
In
quel mentre, da dietro le alture che delimitavano il porto, ecco apparire una
nave bianca ed enorme, con un grande comignolo giallo sul quale era impressa
una imponente “C”. Subito rispose al saluto inviato dall’isola, con tre lunghi e
potentissimi fischi di sirena. La gente si riversò sulle strade per guardare
quello spettacolo veramente insolito. Quelli che potevano avere a disposizione una
barca o un motoscafo, si imbarcarono per avvicinarsi alla nave che intanto
aveva rallentato la sua corsa e si era avvicinata all’isola in modo
impressionante.
Fu
una grande emozione non solo per gli abitanti di Procida, che forse erano
abituati a questi passaggi ravvicinati, ma anche per i numerosi turisti che
affollavano le strade, i quali accolsero quel saluto con applausi, mentre dai
negozi e dalle case erano apparsi striscioni e trombette che salutavano il loro
Comandante Schettino, di Meta di Sorrento, che lì era conosciuto da tutti. Lui
era l’idolo dei ragazzini, colui che riusciva a portare la sua nave davanti al
porto più vicino di ogni altro, per regalare ai suoi amici di Procida e ai passeggeri
della sua nave uno spettacolo indimenticabile.
Motoscafi,
pescherecci, barche di ogni genere cominciarono a fischiare con le loro sirene,
mentre la grande nave Concordia rispondeva con la sua grande sirena che
sovrastava, di gran lunga, tutte quelle degli altri natanti. È stata una festa
destinata a restare impressa negli animi e nella mente della gente, un atto
d’amore ed un omaggio alla tradizione marinara che procidani e sorrentini avevano
nel loro DNA.
La
nave era talmente vicina al porto che sembrava si potesse toccare!», continuò
Alex anche lui preso dall’eccitazione nella rievocazione di quei momenti, «Era come
se la Costa Concordia, con i suoi tredici ponti ed una stazza di oltre
centomila tonnellate, non fosse più in mezzo al mare, ma stesse li in piazza,
in mezzo a noi. Si vedevano le persone a bordo che brindavano alla nostra
salute mentre noi facevamo loro delle foto, come per suggellare un ipotetico sposalizio tra la
terra e il mare.
Io
e Silvia restammo contenti e soddisfatti di quello spettacolo, mentre Bae era
rimasta letteralmente entusiasta. Per la commozione aveva le lacrime agli occhi!
Appena la nave era passata via, voleva subito telefonare a Park per esternargli
la sua gioia, per raccontargli quello spettacolo meraviglioso a cui lei aveva
assistito e che l’aveva incantata. Ma mentre stava già componendo il numero si
fermò e il suo volto si fece buio, come se ci fosse qualcosa a cui non aveva
pensato prima e che destava in lei delle recondite, enormi, viscerali preoccupazioni.
Ripose
il cellulare e disse che in quel periodo lui stava lavorando molto e la sera
andava a letto presto, per cui, visto che a causa della differenza di fuso
orario, forse lo avrebbe disturbato, rimandò la telefonata al giorno successivo.
Silvia
si accorse che la titubanza di Bae risiedeva in qualcosa di più profondo, la
chiese se c’era qualche problema fra lei e il suo fidanzato, ma la ragazza
disse che non c’era nulla, per cui rientrammo nel negozio dove mia moglie stava
provando la sua maglietta, senza dar peso a quel senso di preoccupazione che si
era instaurato sul volto della nostra ospite.
Naturalmente,
il discorso cadde subito sulla nave da crociera che era appena passata. Vedendo
che la nostra amica non era italiana, la padrona del negozio ci chiese da dove
veniva e se nel suo paese le navi usassero fare “l’inchino” in questo modo. Bae
capì, più dalle gesta che dalle parole, ciò che la signora aveva detto e
rispose subito, naturalmente in inglese: «Non sono mai stata su una nave da
crociera. Mi piacerebbe andarci!»
La
signora del negozio capì benissimo ciò che la ragazza aveva detto, tuttavia preferì
rispondere in dialetto, agitando le mani e gesticolando, come usano fare le donne
napoletane. Forse voleva dare un senso più chiaro ed immediato alle sue parole,
o comunque imprimere una forza maggiore a ciò che voleva dire.
«Signurì,
se vuie siete fidanzata, quannu ve maritate avite a fà ‘a luna di miele ‘ncoppa
a ‘na cruciera! Allura sì che nun vu scurdate chiù da festa che vi fannu!» Disse
la negoziante mentre la guardava divertita. E riuscì perfettamente nel suo
intento! Quella luna di miele in crociera gliela fece entrare nel sangue!
Bae
non solo capì perfettamente le parole della donna, pur se dette in dialetto, ma
si entusiasmò a tal punto che, dalla gioia, le tremarono le gambe.
La foto inserita è il poster diffuso dalla Costa per pubblicizzare gli "inchini" .. e poi dicono che non ne sapevano nulla!!
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