Naufragio: oggi si parla tanto della tragedia della nave
Costa Concordia, il cui naufragio è accaduto proprio un anno fa. Al riguardo si
invita a leggere il libro “Quella notte al Giglio”, di Alfio
Giuffrida, che racconta quei momenti terribili. Spesso lo si
accomuna ad un altro naufragio famoso: quello del Titanic, avvenuto cento anni
fa. Tuttavia, quando si parla del naufragio di una nave, si pensa subito alle
condizioni del tempo e si immagina un mare tempestoso. Eppure questi due famosi
naufragi sono avvenuti con il mare perfettamente calmo.
E quando si parla di mari tempestosi, a tutti noi ritorna
alla mente un libro famoso: l’Eneide, che narra come da una serie di tempeste e
peregrinazioni, di interventi divini e di fatiche umane, sia nata la stirpe di
Roma e del suo glorioso Impero, al quale tutti noi italiani ci sentiamo molto
legati.
Ma fu un naufragio quello che portò Enea nei pressi del
Tevere? Oppure egli scelse volutamente le coste laziali per fondare una nuova
civiltà con gli esuli della sua amata Troia?
Come si racconta nell'Eneide, Enea, figlio della dea Venere,
fuggì da Troia, ormai presa dagli Achei, con il padre Anchise e il figlioletto
Ascanio. La sua meta era l’Etruria la cui popolazione era legata a Troia da
molti fattori, ma il viaggio che egli percorse per raggiungerla fu lungo e
pericoloso. Dopo varie peregrinazioni nel Mediterraneo, Enea approdò nel Lazio
nel territorio di Laurento.
Qui venne accolto con ostilità da Latino, Re di quella
“città stato” ma, secondo una delle tante leggende che raccontano quelle
gloriose vicende, il destino volle che il re italico fosse vinto in battaglia e
costretto a fare pace con l'eroe troiano. Si narra, inoltre, che una volta
conosciuta la figlia del re, Lavinia, i due giovani si innamorassero
perdutamente l'uno dell'altra, anche se la ragazza era stata promessa in sposa
a Turno, re dei Rutuli, che vivevano nel territorio della vicina città di Ardea.
L'amore dei due giovani costrinse il vecchio padre, Latino,
ad assecondare i desideri della giovane figlia ed a permetterle di sposare
l'eroe giunto da Troia, pur sapendo che prima o poi avrebbe dovuto affrontare l’ira
di Turno. Ben presto infatti scoppiò la guerra tra Latini e Troiani da una
parte e Rutuli dall’altra. In una prima fase furono i Rutuli ad avere la
meglio, grazie alla momentanea assenza di Enea, ma il ritorno in campo dell’eroe
troiano segnò la svolta decisiva nel conflitto. Allora Giunone, dea da sempre
ostile ai troiani, sottrasse Turno all'ira di Enea con un incantesimo,
trasportando il re rutulo nel suo palazzo. Ma l’ira di Turno era irrefrenabile
e ben presto i buoni propositi del partito favorevole alla pace furono battuti,
per cui egli ritornò a combattere, scatenando il suo esercito e tentando il
tutto per tutto. Dopo una prima battaglia, terminata a favore dei latini, seguì
una tregua, ben presto violata; nell'ultimo decisivo scontro Turno venne
affrontato in duello da Enea e ucciso.
Nel poema virgiliano i Rutuli sono guerrieri fieri e
valorosi, disposti a tutto per il loro re Turno quando questi dichiara guerra
ai troiani. Dopo la dura sconfitta, la loro civiltà decadde rapidamente e di
essi si è parlato poco per oltre 2000 anni.
La loro stirpe tuttavia è sempre orgogliosa di vivere in
quel territorio che fu sede così cruenti scontri. Al giorno d’oggi il loro nome
è rievocato da un coro polifonico ormai famoso: i “Rutuli Cantores”, che
tengono altro il nome di Ardea e della sua gente con i loro concerti in tutto
il Lazio, ma anche in molte altre regioni italiane ed all’estero, partecipando
a Rassegne e Concorsi corali. La spinta decisiva alla loro notorietà è arrivata
nel 2001, con la direzione del Maestro Costantino Savelloni, già direttore di
un altro complesso polifonico: “Lo Strambotto”, ambientato ad Acilia, un’altra
località storica dell’antica Roma, il quale ha saputo sfruttare due repertori
diversi, se pur simili, per i due cori, ottenendo con entrambi strepitosi
successi.
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