Ennesima domenica di sangue in Nigeria. Attentati contro tre Chiese Cristiane hanno causato oltre venti morti, tra cui quattro bambini. Nessuna rivendicazione, ma la modalità è la stessa usata dal gruppo islamico dei Boko Haram. Secondo alcuni testimoni oculari, gli autori dell'attacco sono stati circondati dalla folla dei fedeli e sono stati linciati.
Ci chiediamo che cosa sia, effettivamente, il terrorismo e se le sue azioni siano, in qualche caso, giustificabili.
Un profondo conoscitore della sua realtà, come Gianni Minà, (vedi il sito http://www.misteriditalia.it/terrorismo-internazionale/america-latina/) ha definito l’America latina il "continente desaparecido".
A fronte delle sue potenzialità, delle sue ricchezze naturali, della sua grande cultura popolare, della vitalità dei suoi popoli il Sud America oggi non è altro che questo: un pezzo di mondo che sta lentamente scomparendo e annegando nella miseria, nella violenza, nel caos.
Altri hanno definito il terrorismo “un’arma feroce quanto efficace, violenta quanto spettacolare, criminale e al tempo stesso politica. Ma soprattutto il terrorismo è un’arma.”.
Personalmente penso che qualsiasi problema esiste all’interno di una nazione, di una comunità o di un gruppo ristretto di persone, debba essere innanzi tutto “discusso”. È solo la discussione che può risolvere i contrasti, in modo completo e duraturo. Ma per discutere dobbiamo essere propensi a rinunciare a qualcosa!
Per questo, quando ho scritto il mio primo romanzo, ho pensato ad accendere i riflettori su questa necessità. Ho preso un episodio a caso, per il solo fatto che era avvenuto in coincidenza di un forte episodio del fenomeno del Niño in quella stessa parte del mondo. L’attacco avvenuto in Perù, ad opera dei guerriglieri “Tupamaros” a dicembre del 1996, quando un gruppo di circa 500 personalità diplomatiche che si trovavano all’interno dell’ambasciata del Giappone, per un ricevimento ufficiale, sono state sequestrate con una azione terroristica. Eccone qualche brano:
“L’assalto all’Ambasciata del Giappone a Lima, non era stato un scherzo da poco, di quelli che si risolvono in tre ore. Ad effettuarlo era stato un gruppo di 14 terroristi del gruppo dei Tupac Amaru, guidati da Nestor Cerpa Cartolini, ovvero il comandante Evaristo, che si erano introdotti in Ambasciata durante la festa per il compleanno dell' imperatore giapponese. Ad un tratto, durante il banchetto, un boato squarciò il salone del ricevimento, poi l’inferno. Vennero prese in ostaggio circa 500 persone tra gli oltre 600 invitati e il personale di servizio. «Trattiamo solo con il presidente Fujimori», scandivano i terroristi, che in cambio del rilascio degli ostaggi chiedevano la liberazione di un grande numero di loro compagni allora in carcere, tra cui il leader Victor Polay, detenuto da quattro anni.
E i guerriglieri Tupamaros non erano gente che scherzava. Essi si ispiravano a Túpac Amaru, l’ultimo sovrano Inca, nato a Vilcabamba nel 1530 e morto a Cuzco, il 24 settembre 1572, nel tentativo di restaurare l’Impero Inca dopo la conquista spagnola.”
Certo, in quel momento, quel gruppo di uomini disperati erano esaltati dalle proteste della gente, sicuramente vessata da delle ingiustizie. Ma era quello il modo di risolverle? Così nel romanzo viene messa in luce un’altra verità, sicuramente scomoda ai terroristi, che si rifiutano di accettarla.
“La gente a volte parlava dei Tupamaros come dei liberatori, paragonandoli a Che Guevara. Ma era proprio così? Alcuni criticavano la politica di Fujimori ma pochi credevano che quella dei terroristi potesse essere una soluzione valida per il governo del Perù.”
E poi, i terroristi sono effettivamente convinti di ciò che fanno, o la maggior parte di loro è interessata solamente alla ricompensa ottenuta per l’azione di sommossa che hanno realizzato? Certo che, dai resoconti di quell’azione a Lima si è venuto a sapere che:
“Le notizie che arrivavano all’esterno non erano per nulla rassicuranti, si parlava di spari all’interno dell’ambasciata, ma erano solo delle voci, forse niente o forse decine di morti e feriti. L’unica cosa che si sapeva per certo, era il fatto che era stato organizzato un torneo di calcetto tra i terroristi e gli ostaggi, la qual cosa era vista come un esempio di grande socializzazione tra i più stretti seguaci dei Tupamaros, mentre la gente comune si convinceva ancora di più che ai terroristi interessava poco la sorte del popolo, ma solo quella dei loro compagni in carcere che vo-levano liberare. Per il resto, fuori non si sapeva nulla, ed era proprio quella la paura. Manuela era disperata, se era vero che in Perù c’era povertà e fame, era pure vero che lì si combatteva con la morte.”
E alla morte per fame loro avevano aggiunto quella del terrore, o della bestialità umana. Si perché le mamme dei civili uccisi dai terroristi, non piangono i loro figli in modo diverso. Il fatto che essi siano morti per una azione di terrorismo, pur se ne condividevano i fini, certo non le consola più di tanto.
E allora? Come ho sempre detto ….. discutiamone!
Altre notizie di carattere scientifico o sociale. si possono trovare sul sito : http://www.meteoweb.eu/, nella rubrica “La meteo pillola”.
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